“Lo sceneggiatore non è uno scrittore; è un cineasta e, come tale, non deve rincorrere le parole, bensì le immagini. Deve scrivere con gli occhi”. Così Suso Cecchi d’ Amico – scomparsa ieri a 96 anni – sintetizzava il segreto di una professione che ha svolto per più di cinquant’anni. Nata il 21 luglio 1914 a Roma, terzogenita (ma il primogenito Mario nacque morto) di Emilio Cecchi e Leonetta Pieraccini, Giovanna Marianna Argere fu subito soprannominata Suso o Susino…
E’ l’amico di famiglia Renato Castellani che nel 1942 decide di coinvolgerla nel lavoro di sceneggiatura: il progetto (un adattamento del romanzo fantastico Avatar di Gautier) non va in porto, ma il seme è gettato e da quel momento darà frutti eccezionali. Il vero esordio è nel 1946 sempre con Castellani (Mio figlio professore), seguito l’ anno successivo da Vivere in pace (Zampa) e la lista non finisce più. Negli anni Cinquanta iniziano così i sodalizi con Monicelli (sedici film fatti insieme, tra cui I soliti ignoti e Speriamo che sia femmina), con Comencini, con Blasetti. La vuole De Sica per Ladri di biciclette (dove inventa il furto andato a male del finale) e Miracolo a Milano. Lavora con Antonioni, con Francesco Rosi, poi con Flaiano alla sceneggiatura di Vacanze romane (di William Wyler con Peck e la Hepburn) senza però essere citata nei titoli; ma è con Luchino Visconti che si instaurerà il rapporto più forte e intenso. Dopo aver tradotto per lui alcuni testi teatrali, inizia a sceneggiare Bellissima (1951) e non lo lascerà più (con l’ eccezione della Caduta degli dei e di Morte a Venezia) fino a L’ innocente (1976). Corriere della Sera.
Uso della lingua
Come abbiamo già fatto notare, la lingua italiana ama le espressioni metaforiche. Qui segnaliamo andare in porto, che significa realizzare, gettare il seme e dare frutti.