Meglio un gatto o un fidanzato?

Secondo un sondaggio dell’Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente) il 35 per cento dei single (molte donne) ha scelto la compagnia di un micio, specialmente se passa tutto il giorno al lavoro. Ci sono poi le sostenitrici di posizioni estreme (“Meglio avere un gatto in casa che un fidanzato alla porta”) propagandate su Facebook.
Persiani, certosini, siamesi, o meticci, i gatti vanno guardati e studiati: da loro possiamo imparare tanto, perché conservano un’aura misteriosa, da quando, erano venerati come esseri divini. E infatti a Milano, dal 14 al 18 febbraio gattofili e gattologi si sono dati appuntamento per FelinaMente, una cinque giorni organizzata da Mursia che mette insieme teologi e veterinari, allevatori e scrittori, pittrici e maestri di yoga.
Marina Alberghini Pacini, presidente dell’Accademia dei Gatti Magici, nel suo ultimo libro All’ombra del gatto nero (Mursia) suggerisce di prenderne in casa uno nero – lei ne ha cinque – per avere fortuna, anche letteraria, chissà (Aldous Huxley diceva: “Volete scrivere? Tenete vicino un gatto”), e racconta molti altri aneddoti sui gatti (soprattutto neri). La Stampa.

Uso della lingua

Micio è un modo familiare di dire gatto. Persiani, certosini e siamesi sono razze di gatti domestici. Meticci sono i gatti provenienti da razze diverse.
Una cinque giorni: sottintende un evento di cinque giorni.

Carnevale, donne e..chiacchiere

Per rimanere in tema di cucina, e dal momento che in tutta Italia in questi giorni si celebra il carnevale, oggi proponiamo ai nostri lettori una carrellata di “chiacchiere”.
Le chiacchiere sono un tipico dolce del carnevale italiano. Ripiene o piatte, fritte o al forno, con zucchero a velo o semolato… Le chiacchiere sono conosciute  con i nomi più disparati nelle varie province italiane.
A Roma e nelle Marche (soprattutto ad Ancona) si chiamano frappe
A Genova, Imperia e Torino si chiamano bugie. Questa è la ricetta delle bugie ripiene al cacao e pinoli. 
Si chiamano crostoli a Ferrara, Rovigo, Vicenza, Treviso e Trento. Eccola la ricetta. I cenci sono tipici della Toscana. Quella scelta da Donna Modenra è la ricetta dei cenci al Vin Santo. Altro nome dei cenci è crogetti.
La carrellata sulle chiacchiere continua e lasciamo alla vostra curiosità l’esplorazione delle altre ricette regionali. 
Segnaliamo anche sul tema del lessico regionale, la divertente lettera di una lettrice intitolata “Chiacchiere sulle frappe” pubblicato da Donna Moderna. Donna Moderna

Artusi, l’uomo che unì l’Italia sui fornelli



Tutti sappiamo che il 17 marzo si celebrano i 150 dell’Unità d’Italia, ma questo articolo ricorda il 30 marzo cade un’altra importante ricorrenza per l’orgoglio nazionale.
Quel 30 marzo di cent’anni fa, moriva, a 91 anni dopo una vita saporosamente vissuta,
Pellegrino Artusi ,l’uomo che con «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene», pubblicato nel 1881, unificò la gastronomia italiana. 

Pellegrino Artusi (con i suoi grandi favoriri)

Forlimpopoli, (in Romagna) e Firenze, le due città dove ha vissuto,  preparano per Pellegrino Artusi celebrazioni speciali, complete di convegno storico, cene a tema, mostre e pubblicazioni (il programma completo è al sito www.casaartusi.it). Ed è il gran ritorno del signore romagnolo coi favoriti, un personaggione bizzarro educato in seminario ma antipapalino, mazziniano e pazzo per i gatti Bianchino e Sibillone, misogino ma devotissimo in modo platonico alla sua cuoca Marietta.  Artusi di solito non cucinava in proprio, ma sapeva come si fa. Soprattutto, viaggiava alla ricerca delle specialità di ogni regione, dal presnitz di Trieste, ai maccheroni con le sarde alla siciliana . Il tutto veniva poi tradotto in un toscano sensuale e preciso insieme, parente della lingua collodiana di «Pinocchio». E per questo che Artusi può a tutti i diiritti essre chiamato il “padre”della cucina italiana. La Stampa 

Uso della lingua

Saporosamente: una vita piena di sapore, come i suoi piatti
favoriti: basette lunghe tipiche della moda dell’Ottocento.
antipapalino: anticlericale. Contrario al Papa e al clero.

La moda fa ridere

Lo dice Franca Sozzani, grande signora della moda, direttrice di Vogue Italia, in una spiritosa intervista rilasciata qualche giorno fa all’Espresso. Tra le tante cose che dice su moda, politica, ambiente, riportiamo le sue risposte sull’importanza che hanno avuto per lei – e hanno in generale – gli studi umanistici: “D. Lei si è laureata in filologia germanica. Quanto le serve in quello che fa? R. Quella tesi fu una ripicca, volevo laurearmi in letteratura russa, ma non sono riuscita a farmi dare la tesi per vari problemi. Allora pensai, vi faccio vedere che mi laureo con 110 e lode nella materia più ostica. Ma sono stati gli studi classici a darmi una forma mentale, il sapermi porre davanti a un problema, la disciplina. D. Non pensa che il pensiero sulla moda oggi sia troppo banale? R. È affidato alle pierre e agli stylist, che realizzano i servizi di moda. Ragazzi con cui io lavoro e vedo che sono ignoranti. Nel senso proprio che ignorano tutto: hanno un’istintiva capacità di selezionare i vestiti, ma non sono capaci di costruire una storia. Gli devi dare tu i riferimenti, gli dici, ‘Facciamo un servizio alla Fellini, un po’ Giulietta degli spiriti’, e loro sono persi. Per questo il linguaggio della moda è spesso di una banalità sconcertante: ‘Ti è piaciuta la collezione? Sì, che carina, elegante, molto trendy’. Vorrei cancellare certe parole: genio, arte – la moda non è arte, è industria – trendy, cool. Tutto è cool, ma cosa capisce la gente quando gli dici che dei pantaloni sono cool?” L’Espresso.

Uso della lingua
servizio alla Fellini: significa un lavoro, qui probabilmente una presentazione di moda, che ricordi nello stile il regista Federico Fellini, autore tra l’altro del film “Giulietta degli spiriti”, citato poco più avanti da Franca Sozzani.

Si noti come nella moda, e non solo, si usino aggettivi inglesi – trendy, cool – che Franca Sozzani non ama.

M’illumino di meno

Il 18 febbraio scorso Caterpillar, una trasmissione radiofonica del secondo canale della Rai, ha promosso un’iniziativa interessante che ha chiamato “M’illumino di meno”, richiamandosi a una nota poesia di Giuseppe Ungaretti che fa, “M’illumino d’immenso”. Ha invitato individui e istituzioni a spegnere per una giornata le luci, cercando di usare solo energia prodotta da fonti rinnovabili. “La Giornata del Risparmio Energetico 2011, special edition per i 150 anni dall’unità d’Italia, è fissata per il 18 febbraio 2011. Anche quest’anno Caterpillar invita comuni, associazioni, scuole, aziende e case di tutt’Italia ad aderire all’iniziativa creando quel silenzio energetico che ha coinvolto le piazze di tutt’Europa negli anni scorsi, per fare spazio, dove possibile, ad un’accensione virtuosa, a base di fonti rinnovabili.

Allo stadio attuale della ricerca tecnologica è già possibile produrre energia con il sole, il vento, il mare, il calore del terreno o con le biomasse. Facendo appello all’inesauribile ingegno italico invitiamo tutti, dagli studenti ai precari, dalle aziende in crisi alle amministrazioni comunali, a misurarsi con la green economy adottando un sistema pulito per spegnere lo spreco e accendere una scenografia tricolore il 18 febbraio 2011. caterpillar.

Uso della lingua
Si notino le parole ed espressioni relative alle energie alternative. Si noti anche come spesso l’italiano ricorra ad espressioni inglesi.

Torino ha fatto ciak

La fama del museo del cinema di Torino è tale che sono venuti a studiarselo da Los Angeles il nostro museo torinese, per capire come funziona una macchina che tocca il record di 566mila visitatori (dato 2010) e che con il suo apparentemente effimero patrimonio è riuscita a entrare nel salotto buono dei dieci musei più visitati d’Italia, vale a dire conquistarsi un posto sul sofà accanto agli Uffizi e ai Vaticani.
Deve essere l’aria di Torino, il genius loci della città fabbrica o (come dice Barbera) “l’illuminata gestione di amministratori sabaudi che fin dai primi anni Novanta decisero di rispondere alla crisi della Fiat puntando sulla promozione della cultura”. Speravano, gli allora amministratori, di fare di Torino una città d’arte e turismo come Firenze. Mai immaginavano, invece, che sarebbe stata più simile alla Roma dei tempi dorati di Cinecittà.
Guardiamo il museo, una scatola magica che cattura il visitatore appena pagato il biglietto. Si entra subito in un atmosfera irreale, che ci accompagna in tornanti di decine di settecentesche lanterne magiche, centinaia di vedute ottiche, ricostruzioni di effetti speciali, originali modellini di Aliens nonché i costumi di Rodolfo Valentino in “Sangue e Arena” o Peter O’Toole in “Lawrence d’Arabia”.
Oltre al museo che possiede una collezione da un milione e 600 mila pezzi (seconda solo alla Cinémateque francese), l’organizazione si occupa dei restauri delle pellicole e digitalizzazione degli archivi gratuitamente offerti on line. Della programmazione delle tre sale del cinema Massimo, e della gestione del Torino Film Lab, il fondo di circa un milione e mezzo l’anno destinato alla produzione di opere prime internazionali.  
Perché è così che funziona. Un occhio alla sperimentazione e un altro alla produzione. Una fedeltà assoluta all’amore per il cinema e per la qualità dei film. E la convinzione di avere una missione da compiere: trasformare il cineclub in un’impresa grande quanto il Piemonte. L’Espresso
Uso della lingua
salotto buono / sul sofa: metafore “molto italiane” per significare “entrare in un posto riservato alle persone importanti”.
città fabbrica: Torino è la città della Fiat, la fabbrica più importante d’Italia.
sabaudo: Torino è stata la capitale del Regno Sabaudo o Regno di Sardegna, che comprendeva Piemonte, Liguria, Savoia, Sardegna, Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna). “Sabaudo” significa “dei Savoia”.

Viene dall’Abruzzo ”l’eolico” che fa invidia agli americani

La prima pagina del New York Times con il reportage
da Tocco da Casauria
Un vero “tocco d’artista” quello di questa cittadina in provincia di Pescara, portato a modello nientepopodimeno che dal New York Times. Tocco da Casauria, un “antico paese italiano – spiegava il titolo – con il vento in poppa”. La celebrità, infatti, a Tocco è arrivata col vento, con l’eolico per la precisione. La signora Anna che gestisce l’edicola sulla via principale di Tocco da Casauria, in mezzo ai giornali ci vive, ma una copia del New York Times probabilmente non l’aveva mai vista. “Mi hanno chiamato anche i parenti dall’Australia – racconta – per dirmi che Tocco era in prima pagina”.    “Quando il NYT ci ha contattato – ricorda Edoardo Zanchini, responsabile energia dell’associazione ambientalista, Legambiente – erano molto colpiti dal fatto che la risposta ai problemi energetici potesse arrivare da una piccola realtà e non con soluzioni grandi, come le mega centrali nucleari o a carbone”. Un aspetto che evidentemente qui in Italia non è abbastanza apprezzato. T Il caso del NYT – secondo Simone Togni, segretario dell’Anev, l’associazione che raccoglie gli industriali del vento,  – è  emblematico: in Italia giornali e tv sono attratti solo da notizie negative, mentre l’eolico è un campo virtuoso. L’Italia in questo settore è un leader a livello internazionale sia nella realizzazione sia nella tecnologia, di cui siamo esportatori. Inoltre lo sviluppo è fatto completamente a carico degli investitori privati con capitali privati e il ritorno economico dell’investimento va a forte beneficio del territorio.
Uso della lingua
tocco d’artista: o tocco da maestro, master touch. Qui è usato come gioco di parole.
nientepopodimeno: sinonimo di nientemeno (non less than)
il vento in poppa: una metafora per dire che grazie al vento di poppa (tail wind) progredisce veloce.
realtà : in questo contesto significa “progetto” o “situazione”.

Il Festival di San Remo

E’ uno degli spettacoli canori più popolari in Italia, e piace anche agli intellettuali che ne hanno scritto varie volte. L’ultimo libro dedicato a San Remo è quello di Serena Facci e Paolo SodduIl festival di Sanremo. Parole e suoni raccontano la nazione (Carocci). Dicono gli autori, “Il festival non è lo specchio della nazione”, e non è nemmeno “un evento capace di dare la propria impronta al costume”. Si tratta piuttosto di una grande narrazione, di un racconto autenticamente nazionalpopolare, in grado di riassumere con efficacia i tratti salienti di alcune tra le più significative situazioni storiche che si sono avvicendate nell’Italia repubblicana. … Sanremo non è un “luogo” dell’identità italiana; è piuttosto “rappresentativo” di una delle tante forme che quell’identità può assumere. La Stampa.
Il Festival di San Remo comincia stasera e finirà sabato prossimo; è trasmesso dal primo canale della Rai.

Uso della lingua
nazionalpopolare: è un termine usato originalmente da Antonio Gramsci per indicare un fenomeno culturale che esprimeva valori profondi di un’intera nazione. Oggi è spesso usato a proposito dei mass media.

Uomini e profeti

E’ il titolo di una bella trasmissione radiofonica che va in onda il sabato e la domenica mattina dalle 9,30 alle 10,45 su Rai Radio 3. Si descrive così: “Uomini e Profeti è una trasmissione che si muove sulla linea di confine tra le fedi religiose e la complessità del mondo in trasformazione. Nata nel 1982, con l’obiettivo di interrogare i grandi temi, i testi, le esperienze e le storie delle tradizioni spirituali di tutti i tempi, dal 1993 si è data una doppia articolazione: da un lato le questioni più pressanti e talvolta più drammatiche che si intersecano con gli orizzonti del religioso (il sabato con “Fedi e Mondo“); dall’altro una riflessione analitica e critica sulle Scritture fondative delle diverse tradizioni, da quest’anno dedicata in particolare alla conoscenza del testo biblico (domenica con “Leggere la Bibbia“).

Uomini e profeti – che dal 1993 è ideato e condotto da Gabriella Caramore – vuole essere un luogo di libertà e di confronto, un esercizio della parola, dell’ascolto e dell’incontro”.
Nella puntata di ieri si è esplorato il rapporto tra religione e violenza, “… le diverse appartenenze alle fedi sembrano fomentare i contrasti invece che spegnerli, cementare sussulti identitari invece di creare distensioni. Perché? È dentro le Scritture dei vari ‘credo’ che va cercata l’origine delle conflittualità? O nel modo in cui le Scritture sono state e sono interpretate?” A queste interessanti domande hanno tentato di dare una risposta esponenti di religioni diverse come Maria Cristina Bartolomei, Enzo Bianchi, rav Benedetto Carucci Viterbi, Daniele Garrone, Stefano Levi Della Torre, Alberto Ventura. Le puntate sono scaricabili su podcast. Invitiamo i nostri lettori ad ascoltarle. Rai Radio 3.

Nota culturale
Rai Radio 3 è il terzo programma della radio pubblica. Viene chiamata anche “Terzo programma”, il nome con cui è nata, nel 1950. E’ il canale culturale della radio e offre una vasta gamma di programmi dedicati a musica, libri, politica e attualità, spesso di alta qualità. E’ possibile ascoltarla anche attraverso il computer, e la maggior parte dei programmi sono scaricabili su podcast.

Un milione in tutto il mondo a fianco delle donne italiane

230 città sono scese in piazza oggi alla stessa ora, per lo stesso motivo e con lo stesso scopo. Difendere la dignità, non solo delle donne, ma del Paese a cui appartengono.  Non c’erano partiti oggi nelle piazze, non c’erano colori e idee politiche divise e divisibili.   Oggi le donne d’Italia si sono unite contro l’uomo che l’Italia rappresenta.. Si sono date appuntamento in piazza perché hanno figli e figlie che non vogliono far crescere con valori che non hanno scelto per loro stesse. La Repubblica
Da New York a Maputo, oggi gli occhi del mondo si sono puntati sulle donne d’Italia. Ventinove città, da Amsterdam a Honolulu, da New York a Boston, da Parigi a Londra, dal Mozambico alla Nuova Zelanda. E poi Svizzera, Spagna, Repubblica Ceca, Giappone, Canada, Grecia.  A Berlino, in occasione del festival, al grido di ‘No Berlusconi Berlin’, le donne si riuniscono a Potsdammer Platz per protestare. Da Boston Andrea Ballabeni della Harvard Medical School spiega come ci siano molti italiani che seguono le vicende del nostro Paese.
“Abbiamo deciso di aderire alla manifestazione” facendo una foto di gruppo col numero 74 che è la posizione dell’Italia nel Global gender gap report del Word Economic Forum”. Un rapporto che misura il divario di opportunità tra uomini e donne in 134 Paesi. Secondo l’ultima edizione, l’Italia sarebbe scesa al 74esimo posto confermandosi come uno dei paesi europei con il punteggio più basso, preceduta da nazioni come Botswana, Vietnam, Ghana e Romania. La Repubblica