BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO!
Gli aggiornamenti riprenderanno dal 9 gennaio 2012
I piatti della nostra penisola legati alla tradizione natalizia sono tanti e fortemente simbolici.
Le consuetudini sono diverse eppure, nonostante le differenze, c’è sempre qualcosa che accomuna un po’ tutti.
La tombola, per esempio, con i fagioli o le bucce di mandarino sembrano essere comune a molti. Se il pesce è il principe della cena o cenone del 24, il brodo, soprattutto di gallina, regna sovrano in molti pranzi di Natale. Quasi ovunque è presente la frutta secca, come le verdure di stagione, preparate nei modi più variegati. I piatti più popolari, sono quasi per tutti quelli provenienti da una “cucina povera” che magicamente, in onore delle Sante Festività, diventa un concentrato di calorie per essere più nutriente.
In Piemonte non è Natale senza agnolotti (specialità di pasta ripiena di carne tipica del Monferrato, ma presente in tutta la regione), mentre a Modena, strano a pensarsi, (in quanto Modena e’ la patria del prosciutto e del salame) si mangia solo pesce, anzi pesce in scastola con cui si cucinano gli spaghetti con tonno, sgombro, acciughe e pomodoro, le frittelle di baccalà e il baccalà in umido con polenta.
A Roma, dove la Vigilia è sacra (almeno per alcuni) come la messa di mezzanotte e la tombola con i fagioli non può mancare la minestra di pesce e tra le tante, la più nota è sicuramente la pasta e broccoli in brodo di arzilla. Spesso presenti gli spaghetti “co’ l’alice”, il capitone, l’anguilla fritta o in carpione e l’insalata di puntarelle (ben ghiacciate, condite all’ultimo momento – altrimenti “s’ammosciano” – con olio, aglio e filetti di acciuga dissalata), il torrone, la nociata, la pignoccata, il pangiallo e il pampepato e ovviamente la frutta secca.
Per sapere di piu’ sulle tradizioni del resto della penisola vi invitiamo a leggere l’articolo da cima a fondo. E se lo leggete da altri paesi del mondo, fateci sapere che cosa si mangia da voi la sera della Vigilia.
tombola: gioco simile al bingo americano, molto semplice che si gioca in famiglia perche’ adatto ad adulti e bambini. I fagioli secchi o le bucce di mandarino, (residui della cena) si usano per segnare i
numeri estratti sulle cartelle dei giocatori.
cenone: le due grandi cene collegate alle festivita’ sono quella della vigilia di Natale e quella del 31 dicembre. In tutti e due i casi la cena si prolunga in attesa della mezzanotte che si celebra aprendo i reagali nel primo caso e con un brindisi all’anno nuovo nel secondo.
Il genio italiano sbarca a New York, con una mostra che si intitola «150 Anni di Genio Italiano», organizzata presso l’Istituto di Cultura di Park Avenue. Per una volta però non si celebra il genio musicale, artistico o culinario degli italiani, ma bensi quello scientifico, il genio che ha prodotto invenzioni che hanno cambiatio il nostro modo di vivere.
La mostra è divisa in cinque «isole», «Vivere il nuovo», «Viaggiare è conoscere», «Superare le frontiere», «Lavorare con efficacia», «Curare è vivere». Si comincia con il motore a scoppio di Barsanti e Matteucci, del 1853 e si arriva al 2010 con il microprocessore creato da Federico Faggin per Intel, premiato con la Medaglia Nazionale per la tecnologia e l’innovazione dal presidente Obama. Nei 150 anni che separano queste due tappe, scienziati italiani, come Rubbia, Fermi, Marconi, Levi Montalcini hanno prodotto invenzioni che hanno fatto la differenza per milioni di persone.
L’idea della mostra non e’ solo quella di sfatare il luogo comune secondo cui gli italiani sono soltanto un popolo di santi, poeti e navigatori, ma anche quella di promuovere la tecnologia italiana nel mondo. Il consumatore di prodotti industriali di tipo tecnologico, secondo il direttore dell’Istituto di Cultura Riccardo Viale, preferisce acquistare prodotti da nazioni che da un punto di vista scientifico offrono una garanzia, e l’Italia ha tutti i titoli per rientrare in questa categoria.
presso:in, a, all’interno di.
sfatare: contraddire, smentire, distruggere.
Razzisti a parole (per tacer dei fatti) è il titolo di un libro di Federico Faloppa – studioso della lingua – uscito di recente presso Laterza. Faloppa analizza le insidie che si celano dietro al linguaggio, soprattutto quello corretto politicamente. Per esempio la parola “immigrato“, usata così spesso dalla stampa. “Non che immigrato sia di per sé una parola razzista, beninteso. Ma usata pigramente dalla stampa o nel parlare comune, come quando chiamiamo alunni immigrati dei bambini nati in Italia, si porta dietro un sottinteso sgradevole, che non è di forma ma di sostanza: l’idea che una condizione per definizione transitoria — la migrazione, lo spostarsi da un luogo all’altro — diventi un marchio indelebile che si trasmette tra le generazioni. Lo stesso vale per clandestino, un aggettivo lentamente trasformato in sostantivo, quasi a designare una seconda natura, che nel linguaggio giornalistico si associa a tutto un lessico da invasioni barbariche: orde, eserciti, sbarchi, ondate. Ogni parola è come un fazzoletto sporgente dal cilindro di un mago: tirane un lembo e ne uscirà fuori un mondo. … Faloppa cita studi e ricerche, analizza a campione articoli di giornale, conversazioni informali su Internet, dichiarazioni di politici, documenti governativi. Non è un fanatico, sa bene che dal razzismo delle parole non si passa necessariamente alle vie di fatto. Sa anche, però, che un ponte c’è”. Corriere della Sera.
Da panettiere a scrittore di successo. L’ultimo romanzo di Fabio Volo, Le prime luci del mattino (Mondadori) ha venduto 5 milioni di copie, ed è al primo posto nell’elenco dei best seller. Ma Fabio Volo non è solo scrittore, è anche conduttore televisivo e radiofonico, attore, sceneggiatore, doppiatore. E ha successo in tutto quello che fa. Antonio Gnoli, di Repubblica, lo intervista.
“19 anni. Lavoravo con mio padre al panificio e a un certo punto ho detto basta. Lasciavo la mia famiglia in condizioni economiche precarie e sembrava che abbandonassi la nave che affondava. Non è stato facile: sia andarmene sia entrare in un nuovo mondo”.
Cosa l’ha spinta a quella scelta?
“Il bisogno di rivalsa sociale e l’umiliazione che la mia famiglia e i miei amici hanno subito. Accorgersi della spocchia di certe persone che utilizzavano la cultura per tenerti a distanza, per farti capire che loro erano meglio di te, mi ha fatto montare la rabbia. E me ne sono andato. Per disperazione, per impotenza, perché non ne potevo più. Sapevo che uscendo da quel contesto era come se dicessi a loro: sono meglio di voi. Sono state dinamiche profonde, inquinate dall’amarezza e dalle incomprensioni. A quel punto tornare da perdente avrebbe significato dare soddisfazione a quelle persone che pensavano che sarei rimasto sempre un panettiere”.
Cosa ha fatto nel momento in cui se ne è andato di casa?
“Per un po’ sono rimasto a Brescia, dove sono nato, cercando lavoro nei bar e nelle discoteche. Poi ho iniziato a cantare e siccome ero anche bravino è arrivato il primo contratto con una casa discografica; poi la radio e a seguire tutto il resto”. La Repubblica.
Le prime luci del mattino di Fabio Violo racconta la storia di Elena, una donna sposata infelicemente con un uomo che vede ormai come un fratello. Poi qualcosa la spinge a esplorare territori a lei sconosciuti. Un libro commerciale che piace più al pubblico che ai critici. Come dice Antonio Gnoli, “Più che un fenomeno, Volo è una fenomenologia che va spiegata. Qualunque cosa tocchi – dalla radio al cinema, fino al romanzo – si trasforma in oro”.
Come tutti gli anni la stagione operistica alla Scala di Milano apre il 7 dicembre, il giorno di Sant’Ambrogio, santo patrono della città. Quest’anno di scena sarà il Don Giovanni di Mozart. “Tutto pronto alla Scala di Milano per l’apertura della stagione 2011-2012. Mercoledì 7 dicembre il sipario della sala del Piermarini si alzerá su una nuova produzione del «Don Giovanni» di Mozart, firmata per la regia da Robert Carsen e che vedrá sul podio, per la prima volta nella sua veste di direttore musicale del teatro, Daniel Barenboim. Anche quest’anno c’è l’anteprima dedicata ai giovani under 30, cui la Scala offre, il 4 dicembre alle 18,00, a 10 euro (i biglietti sono stati venduti tutti su internet) il «Don Giovanni».
Cast stellare per l’opera mozartiana e prezzi altrettanto stellari per la prima del 7 dicembre, dove le poltrone e i posti nei palchi cosiddetti pregiati, quelli cioè di primo e secondo ordine con la più ampia visuale sul palcoscenico, costano duemila euro più il 20 per cento del diritto di prevendita, per un totale di duemilaquattrocento euro. Ma si tratta, come ha più volte chiarito lo stesso sovrintendente della Fondazione lirica milanese, Stèphane Lissner, di un fund raising con cui il Teatro, grazie al pubblico particolarmente abbiente della prima, raccoglie in media tre milioni di euro indispensabili per la propria attivitá.
Cifre più abbordabili, si fa per dire, per i posti meno panoramici nei palchi, che scendono fino a un minimo di cinquecento euro, sempre diritti di prevendita esclusi, e per la piccionaia, che va dai 350 ai 50 euro. Ma, si sa, la serata del 7 dicembre ha un sapore prevalentemente mondano”. Il Sole 24Ore.
santo patrono: in Italia ogni città ha un santo “patrono”, protettore, stabilito dalla chiesa. Di solito nel giorno dedicato a quel santo la città festeggia.
sala del Piermarini: si tratta della Scala, che fu progettata dal Piermarini, architetto del Settecento.