Abbado, per sempre

La scorsa settimana, il 20 gennaio, è mancato Claudio Abbado, noto e amatissimo direttore d’orchestra. Per ricordarlo, riportiamo la pagina che gli ha dedicato il Teatro alla Scala di Milano di cui Abbado è stato direttore per molti anni.

Claudio Abbado ci ha lasciati. Ma alla Scala resterà per sempre. Questo è il suo Teatro: il luogo in cui rimane, concreto e tangibile, il segno del direttore senza confini, del musicista senza preconcetti, dell’uomo di teatro pronto a rischiare, dell’uomo di pensiero aperto al mondo.
Alla Scala, in cui debuttò trentaduenne con la Seconda Sinfonia di Mahler, Claudio Abbado ha donato diciotto dei suoi anni migliori: dal 1968, quando fu nominato Direttore Musicale dell’Orchestra, fino al 1986, quando si è conclusa la sua lunga stagione come Direttore Musicale del Teatro.
Il 30 ottobre 2012, la Sesta Sinfonia di Mahler lo ha riportato “a casa” dopo 26 anni di assenza; che forse non era vera assenza. Quel concerto, condiviso con Chopin insieme all’amico Daniel Barenboim, che ne ha raccolto il filo e le idee come Direttore Musicale del Teatro, ha chiuso l’arcata della storia e fermato il suo nome fra quelli di coloro hanno fatto la Scala come oggi la viviamo e il mondo la considera.
Alla Scala, Claudio Abbado ha realizzato una serie impressionante di spettacoli consegnati alla memoria, ha lavorato con i musicisti – autori e interpreti – più significativi del secondo Novecento, ha fondato la Filarmonica sul modello viennese, ha progettato e realizzato cicli sinfonici e operistici che hanno gettato le basi di un repertorio senza confini di lingua, cultura, stili e idee. Nella naturale convinzione che ogni confine è la morte della musica.
Il suo pensiero forte e la sua idea aperta di musica e di teatro insieme, hanno fatto entrare la Scala in una dimensione contemporanea, in sintonia con il nostro tempo, che ancora le appartiene e che ogni giorno, grazie a lui, è impegnata a rispettare.
Il pensiero che la Scala in ogni suo reparto e persona rivolge a Claudio Abbado oggi, nel giorno della sua scomparsa, è il pensiero orgoglioso di tutto ciò che di vivo uno dei più grandi “scaligeri” di ogni tempo ha lasciato in eredità al suo Teatro per affrontare il futuro. Teatro alla Scala.

Contro il Giorno della Memoria

Il 27 gennaio si celebra il giorno della Memoria in commemorazione delle vittime del nazismo e della Shoah. La scrittrice Elena Loewenthal ha scritto un provocatorio articolo contro questa manifestazione.
“Come si fa a scendere a patti con una storia così? Come si fa a farci i conti? A togliersela dalla testa, a non trasformarla in un’ossessione, a evitare che ti si aggrovigli dentro?
A pensare che possa lasciarti in pace anche soltanto un momento, per tutti i giorni della tua vita?
Niente da fare.
Te la trascini dietro. Sai che ci stai dentro e non ne esci più anche se sei nata dopo. …

Altro che GdM. Ci vorrebbe quello dell’oblio, per me. O almeno la possibilità di sistemare tutta quella memoria su una nuvola, come si fa adesso. Non perché sia vuoto, anzi. L’oblio non si fa con il vuoto, ma con il pieno, come il troppo pieno. …

Se solo la si potesse dimenticare, questa storia. Non i suoi morti, che poi sono miei, ma la storia in sé. Le leggi razziali, le persecuzioni, i treni con i deportati, le camere a gas, le torture, le fucilazioni di massa, le violenze assurde. Perché mai coltivarne la memoria, se non per continuare a star male? Ma l’autolesionismo non fa parte della mia identità, né del mio bagaglio morale o teologico. L’ebraismo è una cultura della vita, ha fede nella vita. Non coltiva la morte.

Pensare che gli ebrei ambiscano a celebrare questa memoria significa non provare nemmeno a mettersi nei loro panni. Quella memoria è scomoda, terribile, respingente.
Ne farei tanto volentieri a meno, non finirò mai di ripeterlo. …
Al di là di questo, il GdM sta dimostrando, purtroppo, che la memoria non porta necessariamente un segno positivo, non è utile o benefica di per sé. Può rivoltarsi e diventare velenosa. Scatenare il peggio invece di una presa di coscienza. Come aiuta molti a capire, come fa opera istruttiva, così il GdM è diventato il pretesto per sfogare il peggio, per riaccanirsi contro quelle vittime, per dimostrare che sapere non rende necessariamente migliori.
La Stampa.
nella foto: Monumento ai caduti nei campi di concentramento nazisti, BBPR, Milano, Cimitero Monumentale.

Invito alla discussione
In questo articolo ci sono molte domande. Provate a rispondere e a discuterne in gruppo.

Spazio alla grammatica
Si impersonale e passivante: si celebra è uno dei molti esempi che troviamo in questo articolo dell’uso di questa struttura grammaticale. Provate a cercare degli altri esempi e se volete saperne di più cliccate su http://www.zanichellibenvenuti.it/wordpress/?p=4024

 

“Lettere al direttore”

Scrivere lettere ai giornali è una consuetudine che continua a essere vitale e importante, nonostante i social network. Almeno in Italia.
 
Caro Direttore,
credo che gli italiani ricorrano sempre più spesso alle lettere ai quotidiani per comunicare le proprie ansie, le proprie inquietudini, le proprie lamentele o proteste.
E’ noto che noi italiani siamo propensi al «lagno» e credo che questo fenomeno si sia molto intensificato con la crisi.
Sentiamo più che mai il bisogno di esprimere le nostre incertezze (o certezze), i nostri dubbi e le redazioni dei giornali funzionano come «terapia di gruppo»: una sorta di «lettino dell’analista» sul quale cercare intime catarsi a intimi grovigli. …
Mentre i cosiddetti social network diventano sempre più raccolte indifferenziate di rifiuti non riciclabili, sulle rubriche delle lettere ai giornali si svolge un mediato confronto a distanza che incanala le frustrazioni verso l’apertura al dialogo. Una funzione sociale importante che aiuta lo scambio di opinioni ma permette anche lo sfogo di sentimenti che, se trattenuti, potrebbero nuocere all’individuo e alla società. …

Mariagrazia Gazzato, Mirano (Venezia) La Stampa.
 
Note di cultura
La lettera che pubblichiamo è uscita nella rubrica “Lettere al direttore” della Stampa. E’ una rubrica sempre viva e interessante e consigliamo i nostri lettori di seguirla. Il direttore della Stampa è Mario Calabresi (nella foto).
lagno: è voce dotta e rara – si noti infatti che è tra virgolette. Significa lamentela. Il linguaggio e il tono della lettera sono colti e raffinati.

Legalizzare le droghe leggere?

In questi giorni si è riacceso il dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere. E’ intervenuto anche il noto scrittore Roberto Saviano, di cui riportiamo le opinioni.
Ho sempre detestato droghe leggere e pesanti. Sono quasi astemio, un occasionale bevitore di alcolici. Ma sono, invece, profondamente antiproibizionista. Indipendentemente dal mio rapporto con qualunque tipo di sostanza, dal mio stile di vita, dalle mie passioni e dalle mie repulsioni. Si ritiene, sbagliando, che essere antiproibizionisti significhi tifare per le droghe. Sottovalutarne gli effetti, incentivarne il consumo. Niente di più falso. Spesso, in Italia, le discussioni sui temi più delicati sono travolte da un furore ideologico che oscura i fatti e impedisce un dibattito sereno. …
So che la legalizzazione delle droghe è un tema complicato, difficile da proporre e da affrontare. So che pone molti problemi soprattutto di carattere morale, ma un Paese come il nostro, che ha le mafie più potenti del mondo, non può eluderlo. Con tutti i problemi che ha il paese dobbiamo pensare alle canne, ai tossici e ai fattoni? Nulla di più superficiale che questo commento.
Bisognerebbe partire da una semplice, elementare constatazione: tre sono le forze proibizioniste più forti, e sono camorra, ‘ndrangheta e Cosa nostra. Del resto Maurizio Prestieri, boss di Secondigliano (rione Monterosa per la precisione) ora collaboratore di giustizia, mi disse una volta durante un’intervista: con tutto il fumo che i ragazzi “alternativi”  napoletani compravano da noi, sostenevamo le campagne elettorali di politici di centrodestra in provincia”. Repubblica.

Note di lingua e cultura
Roberto Saviano è l’autore di Gomorra, un bestseller in cui parla della camorra, la mafia napoletana. La ‘ndregheta è la mafia calabrese, mentre Cosa nostra è la mafia siciliana.
tifare: essere fan, parteggiare, di solito per una squadra sportiva
canne, canna: nel linguaggio giovanile è la sigaretta di marijuana
tossici, tossico: tossicodipendente
fattoni, fattone: tossicodipendente, in gergo

Smoking, tuxedo, dinner jacket

Chiamalo come vuoi: smoking, tuxedo, dinner jacket. E’ lui, l’abito preferito di James Bond, il re incontrastato del guardaroba maschile. Un ritorno, una tendenza che ha conquistato le nuove generazioni.

E non serve più solo per andare a qualche noiosissimo party dell'”upper society”, ma anche per ballare in discoteca, a una cena informale, ai bordi di una piscina, con in mano solo una birra e non per forza champagne. I puristi della «forma» e delle regole forse alzeranno un sopracciglio, ma chi se ne importa.

Basta farsi un giro qui alla cinquantanovesima edizione di Pitti per capire la trasformazione del più affascinante completo maschile che esista. Perché niente dona di più a un uomo, anche se non è proprio come James Bond. O Humprey Bogart in Casablanca: «suonala ancora Sam». La Stampa.

Uso della lingua
puristi, singolare purista, di solito questo termine è usato in linguistica, e significa chi non accetta le contaminazioni linguistiche. In senso più esteso, significa chi si attiene alle tradizioni.
Pitti: organizza importanti manifestazioni di moda a Firenze. Ora è in corso, fino al 10 gennaio, Pitti Uomo.