L’addio di Pietro Ichino alla moglie: “Cara Costanza, nella tua malattia abbiamo vissuto l’intensità del matrimonio”

Vogliamo condividere con i nostri lettori la commovente lettera di Pietro Ichino a sua moglie Costanza, che in un momento tanto difficile come quello che il mondo sta attraversando, ci rassicura che “la regola di cercare il bene nascosto nelle pieghe della vita  anche nella loro grande sofferenza  si è rivelata tangibilmente vera.”

L'addio di Pietro Ichino alla moglie: "Cara Costanza, nella tua malattia abbiamo vissuto l'intensità del matrimonio"

Pietro Ichino con la moglie Costanza e i nipotini.

La struggente lettera del giuslavorista alla compagna morta due giorni fa. Una riflessione sulla sofferenza, ma anche sulla gioia degli ultimi anni insieme

Pietro Ichino è uno dei più famosi giuslavoristi italiani. Due giorni fa, dopo una lunga malattia, ha detto addio a sua moglie Costanza, sposata nel 1973 e madre delle sue due figlie. E nell’ultima notte trascorsa accanto alla moglie (quelle notti senza sonno di quando si sta accanto a una persona amata che sta per lasciarci) Ichino ha scritto una sorta di lettera-riflessione sul senso degli ultimi anni della vita di Costanza, quelli in cui la malattia “ha infierito più duramente”, solcati sì al dolore, ma rispetto ai quali, annota Ichino, “non ho solo una memoria di sofferenza: è stato forse il periodo più ricco e intenso di tutto il nostro matrimonio”. Una lettera d’amore che Ichino ha pubblicato sul suo blog.

“Pensieri dell’ultima notte trascorsa accanto a mia moglie, 9 maggio 2020″.

“Costanza ha sofferto per circa otto anni di una PSP-Paralisi Sopranucleare Progressiva (o sindrome di Richardson), che ne ha lentamente menomato, fino ad azzerarle, tutte le facoltà vitali. In questi due ultimi anni nei quali la mia vita è stata legata a quella di Costanza ancor più di quanto non fosse stata nei precedenti, per tutte le svariate necessità dell’assistenza diurna e soprattutto notturna, in molti mi hanno chiesto come facessi a sopportare questo grande sacrificio. …
…”Così quella regola del cercare il bene nascosto in tutte le pieghe della vita, che in questo nostro ultimo caso pareva subire una evidente eccezione, o pareva addirittura non poter essere menzionata senza assumere il significato di un’irrisione alla sofferenza, si è invece rivelata ancora una volta tangibilmente vera. Se mi è consentito utilizzare una parola grossa, la “fede” in quel bene nascosto si è rivelata non solo frutto di speranza, non solo immaginazione di una consolazione promessa altrove, ma conoscenza – nel senso più profondo del termine – di qualche cosa di molto concretamente tangibile”

Per leggere l’intera lettera clicca qui: Repubblica

25 aprile 2020: rivoluzione nel mondo del giornalismo

Sergio Mattarella, il nostro presidente della Repubblica, che celebra il 25 aprile all’Altare della Patria, da solo e con la mascherina.

Oggi, 25 aprile, festa della liberazione – una bellissima giornata quasi estiva, purtroppo celebrata in casa, o su balconi e terrazze, dagli italiani ancora in clausura a causa del coronavirus – c’è stata una rivoluzione nell’ambito del giornalismo. Due delle maggiori testate, La Stampa e Repubblica hanno cambiato direttore. Maurizio Molinari dalla Stampa è passato a dirigere Repubblica, mentre alla Stampa è andato Massimo Giannini, ex giornalista di Repubblica.  Un cambiamento che seguiremo con curiosità. Intanto diamo ai nostri lettori un assaggio degli editoriali di presentazione dei due direttori, entrambi molto belli, intensi e appropriati alla giornata.

Maurizio Molinari: Assumere la direzione di Repubblica significa raccogliere la sfida di descrivere un’Italia aggredita dalla pandemia, ferita dalle diseguaglianze e segnata dal populismo ma al tempo stesso con le potenzialità di tornare protagonista in Europa ed in Occidente. È una sfida che si fonda sul rispetto per chi mi ha preceduto alla guida di questo giornale … E sul rispetto per i lettori che sono più intelligenti di noi e meritano ogni sacrificio al fine di spiegare quanto avviene nelle nostre città e nel mondo grazie a contenuti competitivi su ogni piattaforma, dalla carta al digitale. La sfida che abbiamo davanti è descrivere un’Italia aggredita dalla pandemia e ferita dalle diseguaglianze perché queste sono i più seri banchi di prova per la sicurezza dei cittadini. La coincidenza con il 25 Aprile, 75° anniversario della Liberazione dal nazifascismo, ci spinge a prendere esempio da chi seppe distinguere il Bene dal Male, rischiando la vita per la libertà del prossimo, al fine di edificare uno Stato di Diritto che è, ancora oggi, la migliore garanzia di protezione e prosperità. Repubblica.

Massimo Giannini: “La Stampa” è quella di sempre: un giornale perbene. Ma torno anche con la consapevolezza di quanto sia buia l’ora che viviamo. … Il Covid ci ha presentato il conto. Dobbiamo imparare la lezione. Non facendo un passo indietro, verso un Medio Evo pauperista e anticapitalista, ma un salto in avanti. È la scienza, la ricerca, la tecnologia che ci salveranno dal Male, non la famosa e fumosa decrescita felice. Dobbiamo progettare un modo diverso di vivere, consumare e produrre. E qui sta l’altra parte della nostra missione, quella più affascinante. Il buon giornalismo deve saper cogliere tutto il buono e il nuovo che c’è, in Italia e nel mondo. Perché ce n’è tanto, per chiunque abbia curiosità e coraggio di cercare.  La Stampa (il link rimanda a un video di presentazione. L’editoriali di Giannini è accessibile solo a pagamento).

Note di cultura

Questa giornata, il 25 aprile, è ricca di riferimenti storici: vi invitiamo ad andarli a cercare, a cominciare dall’Altare della Patria.

Gli articoli sono pieni di vocaboli che circolano molto spesso in questi giorni: populismo, pauperismo, decrescita, pandemia, disuguaglianze, piattaforme. Vi proponiamo di cercare di spiegarli nel contesto degli articoli citati sopra.

Infine una domanda: Maurizio Molinari dice “ci spinge a prendere esempio da chi seppe distinguere il Bene dal Male”. A chi si riferisce?

Federico Fellini compie cento anni

Marcello Mastroianni, Federico Fellini e Sophia Loren durante la Notte degli Oscar del 1993 a Los Angeles, dopo la consegna dell’Oscar alla carriera al regista (Foto Ansa)

«L’unico vero realista è il visionario». Il 29 marzo 1993, sul palco del Dorothy Chandler Pavilion di Los Angeles, Sophia Loren e Marcello Mastroianni annunciano il vincitore dell’Oscar alla carriera. L’ingresso di Federico Fellini è preceduto dalle sue parole, che appaiono bianche sul grande schermo a riassumere tutta la carriera del regista nato a Rimini il 20 gennaio 1920: cent’anni fa.

Rimini e Roma

Federico Fellini nasce a Rimini il 20 gennaio 1920 e qui trascorse i primi diciannove anni della sua vita. Nel 1939 lascia la sua città alla volta di Roma per inseguire il sogno del cinema. A Rimini tornerà poi in quei viaggi onirici che saranno i suoi film, tra ricordi e fantasia: «Rimini — affermava — è una dimensione della memoria». Fellini non gira mai nella sua città natale, ma nel 1973 dagli Studi di Cinecittà decide di tornarci con la memoria e di realizzare Amarcord. A Roma, Fellini trova una seconda casa e la città eterna diventa lo scenario perfetto per i suoi film. Un connubio che raggiunge la sua espressione massima nel film del 1972 intitolato proprio Roma.
Rimini e Roma si intrecciano nell’immaginario creato dal regista, un universo cinematografico ricco di simboli ricorrenti come il circo, le strade desolate, le spiagge, le piazze deserte nel cuore della notte.
Cecilia Bressanelli, La Lettura

Pe leggere tutto l’articolo clicca qui (Corriere)

Per saperne di più

Federico Fellini è stato una pietra miliare della storia del cinema mondiale.
Invitiamo i nostri più giovani lettori che non conoscono da vicino  questo grande personaggio della cultura italiana, a scoprire in questo articolo e nei molti altri che saranno dedicati a Fellini nel corso di questo centenario:
1. Chi sono gli attori più famosi dei  suoi film.
2. Chi era Giulietta Masina e che ruolo ha avuto nella vita di Fellini.
3. Per quali film Fellini ha ricevuto un Oscar.
4. Quali sono i temi favoriti dei suoi film.

 

È morta Maria Perego, creò Topo Gigio

Rimanendo sul tema del topo, vogliamo ricordare con questo articolo Maria Perego,  la creatrice del topo forse più famoso del mondo “Topo Gigio” scomparsa in questi giorni.È morta Maria Perego, creò Topo Gigio

Nata a Venezia nel 1923, nipote di un marionettista dopo l’Accademia d’Arte drammatica ha inventato diversi personaggi tra cui Picchio Cannocchiale, ma il vero successo è arrivato all’inizio degli anni Sessanta con la creazione, insieme al marito Federico Caldura, di Gigio ispirato a Topolino, un rapporto importante che ha raccontato nel libro Io e Topo Gigio. Entrata in Rai nel 1954, quasi subito nella Tv dei ragazzi, dopo una serie di esperimenti di personaggi in cartapesta ha capito che era meglio utilizzare dei pupazzi con meccanismi interni animati da “burattinai” vestiti completamente di nero che scomparivano in tv. “Molti dicono che il Topo è stato creato nel ’59 ma siccome il meccanismo non era perfetto, io dico che è nato nel ’61” raccontava.

Maria Perego ha fatto la sua ultima apparizione poche settimane fa a Le ragazzetrasmissione di Raitre, dove della sua creatura diceva: “Topo Gigio è un personaggio sprovveduto, però con il suo ottimismo cerca di giustificarsi, di inventare, di introdursi e sfociare nella fantasia e assurdo. È sempre in bilico tra la fantasia e la realtà”.
Da Letterman, con Obama, c’era anche Topo Gigio. “Ma cosa mi dici mai

Per leggere tutto l’articolo clicca qui: Repubblica

Se volete leggere una divertente intervista a Topo Gigio stesso, cliccate qui Libero

Informazioni utili

Topolino: E’ il nome con cui nel 1931 fu introdotto in Italia Mickey Mouse.  Topolina era Minnie. Le prime vignette di Walt Disney apparvero sul supplemento domenicale per i bambini del giornale Il Popolo di Roma.
RAI: Sta per Radio Televisione Italiana
“Cosa mi dici mai”: è la frase che Topo Gigio ripeteva sempre e che molte generazioni di italiani conoscevano.

Elena Ferrante, torna in libreria scrittrice misteriosa

È di questi giorni la notizia dell’imminente uscita del prossimo romanzo di Elena Ferrante. Le agenzie di stampa e i giornali di tutto il mondo hanno annunciato l’evento.
La vicinanza dei due ultimi post in ItalianNewsClicks non è casuale visto che il nuovo romanzo della Ferrante coincide con la riscoperta nel mondo anglosassone di Natalia Ginzburg.
Secondo The Guardian ” leggere la Ferrante è come trovare un nuovo amico, mentre leggere la Ginzburg è come trovare un mentore”…” reading Ferrante can seem like making a new friend, reading Ginzburg is more like finding a mentor. Here is someone who shares the experiences of daily life but also brings a fully formed moral and intellectual compass that allows you to see these experiences more objectively. From the smallest components of domestic life, she builds a world with the ethical complexity of the great 19th-century novels.”

 © ANSA

Il nuovo romanzo dal 7 novembre. Il titolo è ancora top secret

Fenomeno editoriale da oltre 10 milioni di copie vendute nel mondo, tradotta in 40 paesi, amatissima negli Stati Uniti, Elena Ferrante, l’autrice bestseller della saga dell’Amica geniale, torna un libreria il 7 novembre con un nuovo romanzo. Il titolo e’ ancora top secret e dal piccolo frammento anticipato dalla casa editrice E/O si capisce che sara’ ambientato ancora una volta a Napoli.

..La misteriosa scrittrice senza volto – sulla cui identita’ si sono fatte tante ipotesi tra le quali la piu’ accreditata sembra essere quella che la identifica con Anita Raja, la moglie di Domenico Starnone e traduttrice di E/O – scatena ancora una volta la curiosita’ di fan e lettori e la sorpresa accende i social: sara’ l’inizio di una nuova saga? Un libro autoconclusivo? O magari a parlare e’ la figlia di Lila, in un ideale seguito della quadrilogia?  Per saperne di più clicca qui L’Ansa
Altre testate che hanno riportato la notizia:
LaRepubblica
Il Corriere
The Guardian
HarpersBazaar
Vogue

 

Primo Levi traduce Franz Kafka «Come l’effetto di una collisione»

Quella di cui riportiamo qualche stralcio è la
“Nota del traduttore scritta da Primo Levi al “Processo” di Kafka. 

La lettura del Processo, libro saturo d’infelicità e di poesia, lascia mutati: più tristi e più consapevoli di prima. Dunque è così, è questo il destino umano, si può essere perseguiti e puniti per una colpa non commessa, ignota, che «il tribunale» non ci rivelerà mai; e tuttavia, di questa colpa si può portar vergogna, fino alla morte e forse anche oltre. Ora, tradurre è più che leggere: da questa traduzione sono uscito come da una malattia. Tradurre è seguire al microscopio il tessuto del libro: penetrarvi, restarvi invischiati e coinvolti. Ci si fa carico di questo mondo stravolto, dove tutte le attese logiche vanno deluse. Si viaggia con Josef K. per meandri bui, per vie tortuose che non conducono mai ove ti aspetteresti.

Si precipita nell’incubo dell’inconoscibile fin dalla prima frase, e ad ogni pagina ci si imbatte in tratti ossessivi: K. è seguito e perseguitato da presenze estranee, da ficcanaso importuni che lo spiano da vicino e da lontano, e davanti a cui egli si sente denudato. C’è un’impressione costante di costrizione fisica: i soffitti sono bassi, le camere gremite di mobili in disordine, l’aria è sempre torbida, afosa, viziata, fosca; paradossalmente, ma significativamente, il cielo è sereno solo nella spietata scena finale dell’esecuzione. K . è afflitto da contatti corporei gratuiti e fastidiosi; da valanghe di parole confuse, che gli dovrebbero chiarire il suo destino e invece lo frastornano; da gesti insulsi; da sfondi disperatamente squallidi. La sua dignità d’uomo è compromessa fin dall’inizio, e poi accanitamente demolita giorno per giorno. (un tema molto familiare a Levi) Solo dalle donne può, potrebbe, venire la salvazione: sono materne, affettuose, ma inaccessibili. Solo Leni si lascia avvicinare, ma K. la disprezza, vuol farsi dire di no: non cerca la salute. Teme di essere punito e ad un tempo lo desidera.

Non credo che Kafka mi sia molto affine (ora scrive in prima persona). Spesso, in questo lavoro di traduzione ho provato la sensazione di una collisione, di un conflitto, della tentazione immodesta di sciogliere a modo mio i nodi del testo: insomma, di correggere, di tirare sulle scelte lessicali, di sovrapporre il mio modo di scrivere a quello di Kafka. A questa tentazione ho cercato di non cedere. Poiché so che non esiste il «modo giusto» di tradurre, mi sono affidato più all’istinto che alla ragione, e mi sono attenuto ad una linea di correttezza interpretativa, per quanto possibile onesta, anche se forse non sempre coerente di pagina in pagina, perché non tutte le pagine presentano gli stessi problemi. Avevo davanti a me la traduzione di Alberto Spaini, del 1933, e mi è parso di ravvisarvi la ragionevole tendenza a rendere liscio quanto era ruvido, comprensibile l’incomprensibile. La più recente (1973) di Giorgio Zampa segue l’indirizzo opposto: è filologicamente rigorosa, rispettosa a oltranza, fino alla punteggiatura; è parallela, interlineare. È traduzione, e come tale si presenta, a viso aperto; non si camuffa da testo originale. Non aiuta il lettore, non gli spiana la strada, conserva coraggiosamente la densità sintattica del tedesco.

Credo di aver battuto una via mediana fra queste due. Pur rendendomi conto, ad esempio, dell’effetto ossessivo (forse voluto) provocato dal discorso dell’avvocato Huld, che si protrae accanito per dieci pagine senza un a capo, ho avuto pietà per il lettore italiano e ho introdotto qualche interruzione. Per salvare la snellezza del linguaggio ho eliminato qualche avverbio limitativo (quasi, molto, un poco, circa, forse, ecc.) che il tedesco tollera meglio dell’italiano. Per contro, non ho fatto alcun tentativo di sfoltire l’accumularsi di termini della famiglia sembrare: verosimile, probabile, intravedere, accorgersi, come se, apparentemente, simile, e così via; mi sono apparsi tipici, indispensabili anzi in questo racconto che dipana instancabilmente vicende in cui nulla è come appare. Per tutto il resto, ho fatto ogni sforzo per contemperare la fedeltà al testo con la fluidità del linguaggio. Dove nel testo, notoriamente tormentato e controverso, c’erano contraddizioni e ripetizioni, ce le ho lasciate. Il Corriere

Esercizi

Questa introduzione di Primo Levi alla sua traduzione del Processo di Kafka è al contempo una lezione di lingua, di letteratura e di traduzione. Si noti il passaggio da forme verbali impersonali, alla prima persona. Che cosa significa?

Quali sono i criteri che Primo Levi adotta per tradurre Kafka?

Vi invitiamo a fare un esericizio di traduzione su un racconto di Primo Levi tratto dal Sistema periodico, “Vanadio”, che è anche una sorta di continuazione di Se questo è un uomo. Alla fine della traduzione, annotare i problemi incontrati e le soluzioni adottate.

Fake news e il futuro che è tutto da scrivere: a Robinson le interviste le fanno i ragazzi

RobisnonOggi c’è una “offerta informativa infinita” e non esiste più la contrapposizione di dieci anni fa tra carta e web, “perché oggi il punto è avere una propria cifra e identità giornalistica, poi ognuno sceglie il mezzo che preferisce”. Sono gli studenti delle scuole superiori di Milano a chiedere al direttore di Repubblica Mario Calabresi cosa vuol dire per un giornale navigare nel mare della comunicazione che, per loro, vuol dire (quasi) soltanto Facebook.
…..I ragazzi, che la nostra lingua la masticano e rinnovano ogni giorno: con ‘Twittando e postando un mondo di parole nuove’ sono loro a giudicare quali sono i nuovi termini da considerare parte integrante del vocabolario. ‘Cuorare‘ sì, ‘Scialla‘ no, è sorpassato. Perché anche in questo campo vale una regola base: le parole che per i vecchi sono nuove, sono già vecchie per i giovani. E quindi attenzione a usarle pensando di intercettare il loro mondo: si rischia di essere ancora più sorpassati. La neolingua dei social, del resto, è la loro, con buona pace della Crusca e dei ‘grammar nazi’ come Vera Gheno, con la sua carrellata di strafalcioni pescati in Rete e di parole derivate – come spoilerare – che possono segnare la distanza abissale tra chi usa i social e chi no.

Per leggere l’articolo clicca qui: LaRepubblica Robinson

Note linguistiche

Twittando e postando: sono neologismi legati alle interazioni su Internet come anche linkare, taggare, bloggare, bannare, flaggare, chattare ecc..
cuorare:  viene dal linguaggio di Facebook  e si usa per dire “aggiungere o mandare cuoricini”.

Altri esempi sono:
piacciaremettere un Mi piace a foto, post, commenti, pagine di Facebook ecc
amicare / amicarsi – diventare amico su Facebook: non l’ho amicato; ci amichiamo?
favvaremettere tra i preferiti (favorites): te l’ho favvato anch’io .
pinnare – condividere immagini o video in Pinterest “appuntandoli” (pin) in bacheche.
scialla: in dialetto giovanile romano significa “sta tranquillo” “lascia perdere”. Secondo la Treccani scialla e tutte le sue  varianti del gergo giovanile qui e là per l’Italia (vedi sciallato ‘rilassato’,scialloso ‘divertente’, sciallo ‘divertimento’ nel Nord Italia; R. Ambrogio-G. Casalegno,  sia potuto derivare dall’ inshallah,  islamico che dunque, scialla (rinvenuto anche nella forma shalla, in scritte murali o nei chiacchiericci digitati in rete) e inshallah, per dire: sta’ tranquillo, se Dio lo vorrà tutto andrà bene.
Vera Gheno: è una sociolinguista specializzata nel linguaggio dei media. Per saperne di più clicca qui:https://linguaenauti.com/tag/vera-gheno/

 

 

 

Leicester, Ranieri esonerato: Re Claudio paga la crisi

Cari lettori abbiamo il piacere di comunicarvi che da quest’anno, grazie alla collaborazione di Justin D. Evans, insegnante di italiano a Boston e patito di sport, Italian News Clicks comincerà finalmente a coprire anche la stampa sportiva.
Grazie Justin!

Inter Milan's coach Claudio Ranieri gives a press conference on December 6, 2011 at the Moratti Center in Appiano Gentile on the eve a Champions League football match against CSKA Moscow. AFP PHOTO / OLIVIER MORIN (Photo credit should read OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)

(Photo credit should read OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images)

La favola del Leicester è già finita. Questa sera, la dirigenza delle Foxes ha deciso a sorpresa l’esonero di Claudio Ranieri, il tecnico protagonista della fantastica cavalcata della scorsa stagione in cui ha condotto una squadra di provincia alla vittoria della Premier per la prima volta nella sua storia. Tutto ciò non è bastato a salvare quello che fino a pochi mesi fa era soprannominato in Inghilterra come “Re Claudio”: il tecnico italiano paga per tutti i risultati negativi degli ultimi mesi in Premier, dove la squadra è stata risucchiata nella lotta per non retrocedere in Championship, e l’eliminazione dalla FA Cup. “Questa sera il Leicester City Football Club ha sciolto il rapporto con il suo allenatore della prima squadra Claudio Ranieri”. Il comunicato delle Foxes arriva nel cuore della serata, poco prima delle 21, e conferma le primissime indiscrezioni rilanciate dalla stampa britannica. In una lunga nota, la società ripercorre la storia di Ranieri alla guida della squadra: “Claudio è stato chiamato ad essere il manager del Leicester nel luglio 2015 – si legge nel comunicato -, e ha portato le Foxes a raggiungere il più grande trionfo nei 133 anni di storia del club quando la scorsa stagione siamo stati incoronati, per la prima volta, campioni d’Inghilterra. Il profilo di Claudio Ranieri è senza dubbio quello del tecnico di maggior successo di tutti i tempi del Leicester. Tuttavia, i risultati raccolti quest’anno nella stagione in corso hanno posto il club campione di Premier in una situazione di pericolo, e per questo motivo il Consiglio a malincuore ha ritenuto che un cambio della guida tecnica, che sicuramente è doloroso, sia necessario per il più alto interesse del club”. Per saperne di più clicca qui: Gazzetta.it

Ecco la vera identità di Elena Ferrante

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Il segreto di Pulcinella

Svelato il mistero sull’identità di Elena Ferrante, la scrittrice napoletana più letta dei nostri giorni. Per venticinque anni l’autrice della tetralogia de L’amica geniale si è celata dietro allo pseudonimo  di Elena Ferrante.

Un’inchiesta condotta da Il Sole 24 Ore e pubblicata il 2 ottobre anche dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, dal sito di giornalismo investigativo francese Mediapart e da quello della rivista americana The New York Review of Books, fa ora emergere evidenze “documentali” che danno un contributo senza precedenti all’opera d’identificazione della misteriosa scrittrice.

Di lei, dunque, non sono mai state pubblicate foto. Né è mai stato stabilito chi sia veramente. Come riporta la quarta di copertina di ogni suo libro, si sa solo che «è nata a Napoli». Allo stesso tempo Ferrante ha saputo parlare molto di sé, concedendo innumerevoli interviste mediate dalla casa editrice e scrivendo un volume sedicentemente autobiografico, La Frantumaglia.

Anziché su un’immaginaria figlia di una sarta napoletana, come si presenta l’autrice in La Frantumaglia, le prove da noi raccolte puntano il dito su Anita Raja, traduttrice residente a Roma la cui madre era un’ebrea di origine polacca prima sfuggita all’Olocausto e poi trasferitasi a Napoli.

Ma in La Frantumaglia, Ferrante aveva avvertito i lettori. Non una, bensì due volte. «Io non odio affatto le bugie, nella vita le trovo salutari e vi ricorro quando capita per schermare la mia persona», aveva scritto. E, poco più avanti, aveva aggiunto: «Italo Calvino nel 1964 scriveva a una studiosa che chiedeva informazioni personali: “Mi chieda pure quel che vuol sapere e glielo dirò. Ma non le dirò mai la verità. Di questo può star sicura”. Questo passo mi è sempre piaciuto e almeno parzialmente l’ho fatto mio».
Per leggere tutto l’articolo cliccate qui : IlSole24Ore.

Note culturali

Elena Ferrante: è uno pseudonimo ispirato probabilmente alla famosa scrittrice Elsa Morante
I
 suoi primi romanzi sono: L’amore molesto, edito nel  1992,  I giorni dell’abbandono, del 2002 e la figlia oscura, da cui nel  2007 da cui la scrittrice ha tratto spunto per il racconto per bambini La spiaggia di notte. Dal 2012 al 2014 escono i quattro volumi della tetralogia L’amica geniale che la rendono famosa nel mondo.

La tetralogia: L’amica geniale, Roma, E/O, 2011.Storia del nuovo cognome. L’amica geniale volume secondo, Roma, E/O, 2012.  Storia di chi fugge e di chi resta. L’amica geniale volume terzo, Roma, E/O, 2013. Storia della bambina perduta. L’amica geniale volume quarto, Roma, E/O, 2014.

Il segreto di Pulcinella: il personaggio che appare nell’immagine si chiama Pulcinella. È un personaggio della Commedia dell”Arte la cui caratteristica principale è di parlare troppo e di non sapere tenere un segreto. L’espressione è “un segreto di Pulcinella” in italiano che è un segreto che ormai sanno tutti.

 

Van Gogh e la camorra

savianoQualche giorno fa due dipinti di Van Gogh, trafugati ad Amsterdam 14 anni fa, sono stati trovati in un casolare di Castellammare di Stabia di proprietà del boss del narcotraffico Raffaele Imperiale. Ecco quel che ne dice Roberto Saviano, in un’intervista sulla Stampa:

Perché la camorra investe nelle opere d’arte?

“Perché una tela di Caravaggio lascia meno tracce di una montagna di denaro. Si sposta più facilmente ed è un investimento relativamente sicuro. … Camorristi, evasori, criminali comuni investono in arte. Probabilmente oggi è questo il principale canale di riciclaggio di capitali di provenienza illecita. Ma va detto che le opere d’arte di Van Gogh o di Caravaggio possono finire solamente sul mercato clandestino. Ecco perché, paradossalmente, oggi un furto di questo tipo ha un valore minore rispetto a quello che è l’investimento reale”.

Chi è Raffaele Imperiale?

“In questo momento è il camorrista numero uno al mondo. Non esiste altro capo con il suo profilo”. La Stampa.

Note culturali

Roberto Saviano è l’autore di Gomorra, romanzo-reportage sulla camorra, la mafia a Napoli. Nel libro, uscito nel 2006, Saviano coraggiosamente denuncia i clan mafiosi della sua città. In seguito a ripetute minacce di morte, ora lo scrittore vive sotto programma di protezione.