Il triciclo di Google in giro per l’Italia

Tutti i giornali italiani hanno riportato che da oggi grazie a Street View di Google il patrimonio storico e archeologico del paese è ora visitabile con un clic del mouse. Abbiamo scelto due dei quotidiani che hanno riportato la notizia.

Il Colosseo è il più grande anfiteatro romano: il pubblico su internet può visitarne l’interno con le ultime mappe di Google Street View. Le immagini digitali aiutano ad ammirare i dettagli dell’edificio.

Cliccare sul’immagine per vedere altre foto.

Per scattare le immagini Google ha messo in campo il suo trike: è una sorta di triciclo che ha esplorato in modo non invasivo monumenti e piazze, senza rischiare di danneggiare il delicato equilibrio dell’ambiente circostante con emissioni di anidride carbonica. È adatto ai percorsi che non sono autorizzati per le automobili. Pesa 113 chilogrammi e ha una lunghezza di 2,7 metri: la macchina fotografica è installata su un’asta alta poco più di due metri. Per avanzare con le pedalate sono stati assunti anche atleti, a causa del peso del trike.Il Sole 24 ore
Grazie al supporto del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il trike è potuto accedere per la prima volta all’interno di aree archeologiche come: i Fori Imperiali, il Colosseo, il comprensorio  dell’Appia Antica e le Terme di Diocleziano. Non solo, della raccolta di Street View sono entrate a fare parte anche siti storici quali i giardini della Venaria Reale di Torino oltre al centro storico di Firenze (Piazza della Signoria, Piazza del Duomo, Ponte Vecchio) e altre antiche piazze italiane.
Altre bellezze storico-artistiche immortalate da Google e ora visitabili sono: i Fori Imperiali (Roma); Anfiteatro Flavio – Colosseo (Roma); Comprensorio archeologico dell’Appia Antica (Roma); Terme di Diocleziano (Roma); Villa Adriana, Tivoli (Roma); Area archeologica di Gabii (Roma); Villa D’Este, Tivoli (Roma); Scavi di Ercolano (Napoli); Venaria Reale (Torino); Centro Storico di Firenze; Capodimonte (Napoli).  La Stampa.it

Ossessionati dalla bellezza

“Mamma, perché i giovani italiani sono cosi ossessionati dalla bellezza?” La domanda che mi sono sentita rivolgere di recente da mia figlia Giorgia, laureanda in filosofia al Kenyon College dell’Ohio, mi ha lasciato sbigottita. Perché mi ha fatto riflettere su uno degli aspetti della società italiana che all’estero ci invidiano di più (pensate all’arte, all’architettura, alla moda) ma che, se trasformato in diktat collettivo, può essere nefando. “Rimanevo sempre male quando le ragazze considerate ‘bruttine’ venivano emarginate e persino discriminate dall’intero campeggio”, ricorda.
A scrivere questo è Alessandra Farkas, corrispondente da New York del Corriere della Sera, che in un blog del giornale, la 27ORA, intervista la figlia Giorgia sull’argomento. Ecco cos’altro si dicono mamma e figlia riguardo all’ossessione degli italiani per la bellezza (femminile):
Le tue amiche americane che dicono?

“Che gli standard della bellezza italiani sono molto più alti e quasi impossibili da raggiungere. Per essere considerata bella a Roma o Milano devi essere perfetta, priva di difetti e magra come un grissino. Il che spiega come mai tante ragazzine diventano anoressiche o vanno sotto il bisturi”. Corriere della Sera.

La chirurgia plastica non è certo un’invenzione italiana.

“Però l’Italia è l’unico paese dove vedi donne in bikini nei talk-show e per strada business-women coi tacchi a spillo e truccatissime. Come se il loro talento, da solo, non bastasse e per essere notate fossero costrette ad assomigliare a movie star”.

Che c’è di male a essere giovani, belle ed eleganti?

“La mia generazione ha una parola per descrivere l’ossessione dei giovani e delle giovani italiani per l’apparenza e il look: euro-trash”. …

Le giovani americane sono più felici di quelle italiane?

“Credo che si sentono più a loro agio nella propria pelle. Oggi in America l’intelligenza e la cultura sono valori più importanti della bellezza fisica persino tra le attrici. In Italia puoi anche essere un genio ma, se sei brutta, non ti perdonano”.

Preghiera di Celentano agli italiani «Non disertare il referendum»

Il 12 e il 13 giugno gli italiani voteranno per un nuovo referendum. Uno dei quattro quesiti   proposti riguarda l’abrogazione della legge che proibisce in Italia la costruzione di centrali nucleare, l’altro l’abrogazione della legge sulla privatizzazione del servizio idrico (dell’acqua).  Adriano Celentano, noto cantante italiano, soprannominato  il molleggiato per il suo modo di ballare, offre la sua voce per una “preghiera agli italiani.
«Nel bel mezzo di una tragedia come quella che sta vivendo il Giappone, dove fuoco e acqua stanno distruggendo tante vite umane, … ha fatto annunciare dai suoi ‘cicchittiprestigiacomini‘ e dai piccoli insidiosi Sacconi, che il progetto sul nucleare in Italia andrà avanti. L’orientamento popolare contro le centrali nucleari decretato dal referendum fatto 24 anni fa, fu chiarissimo. Ma per Berlusconi non basta: ‘chi se ne frega della sovranità popolare!’».    La sua preghiera, spiega Celentano, non è rivolta ai politici. ‘Loro non sanno quello che fanno‘ ma a tutti quelli che invece i politici  li votano. «Di destra, di sinistra, ‘studenti’, leghisti, fascisti e comunisti, per il vostro bene, non disertate il referendum. Questa volta sarebbe un suicidio. Dobbiamo andare a votare anche se il governo spostasse la data del referendum al giorno di Natale. Non sia mai che prendiate sotto gamba questi referendum: saremmo spacciati».   E questo, aggiunge, naturalmente vale anche per il milione e quattrocentomila firme raccolte dal Forum italiano movimenti per l’acqua, di cui nessuno parla tranne il loro sito che gentilmente vi indico – www.acquabenecomune.org – per i due quesiti referendari contro la privatizzazione di questo prezioso bene comune». L’Unita’

Notizie culturali

cicchittiprestigiacomini e sacconi: i piccoli Cicchitto, Prestigiacomo e “l’insidioso” Sacconi sono tutti membri del governo Berlusconi.
“loro non sanno qiello che fanno”: una ironica citazione del Vangelo. “Perdona Padre, loro non sanno quello che fanno”.

Uso della lingua
chi se ne frega: un modo più volgare di dire “non mi interessa”.
spacciati: rovinati, perduti, finiti.

Ragazzi, è tornata la politica!

Per anni si è detto che i giovani pensavano solo a se stessi e a divertirsi. Ora si scopre che gli under 30 non sono affatto menefreghisti. Ma si impegnano solo se hanno la sensazione di poter cambiare veramente qualcosa.  I sondaggi dicono che i giovani italiani non credono nei partiti perché non si sentono parte della vita politica del paese. Questa impressione è confermata dai dati. Secondo l’economista Paolo Balduzzi e il demografo Alessandro Rosina, che hanno creato un indice per misurare il potere politico degli under 40, nel confronto con i 27 Paesi europei, l’Italia è in fondo alla classifica: i giovani hanno in Italia uno scarsissimo potere decisionale.   
Eppure, se è vero che i ragazzi mostrano disinteresse verso la  politica attuale, le cose cambiano quando il loro impegno è in grado di generare effetti concreti. Un atteggiamento dimostrato dal vistoso incremento della cosiddetta “cittadinanza attiva giovanile”: a partire dalle organizzazioni di volontariato.  “Gli ambiti preferiti sono l’ambiente, la cultura e la protezione civile: i ragazzi si attivano per obiettivi specifici, per risultati visibili, misurabili. Si impegnano in iniziative in grado davvero di migliorare la qualità della loro vita e di quella degli altri. Sono pronti a intervenire se ci sono valori collettivi da difendere “.
Non solo. I dati dimostrano anche che quegli stessi giovani delusi dalla politica sviluppano sensibilità e valori innovativi, che manifestano attraverso nuovi strumenti: canali informali e non gerarchici.  Questo succede soprattutto nei nuovi “pensatoi”: think tank su materie diversissime, luoghi di elaborazione di idee più libere rispetto a un partito, dove non è richiesta nemmeno una fedeltà ideologica. Ma solo, appunto, una competenza tematica specifica.  Negli ultimi dieci anni i pensatoi in Italia sono praticamente raddoppiati, arrivando a sfiorare quota cento.  Il loro peso è ancora molto limitato rispetto agli altri paesi. “Negli Stati Uniti un think tank può contare solitamente su un budget annuale di 30 milioni di dollari; in Italia al massimo si arriva a un milione di euro”.  In Inghilterra ci sono università come Oxford e Cambridge, in Francia ci sono scuole di preparazione alla politica prestigiose come l’Ena.  In Italia, invece, per tradizione la scuola si faceva all’interno del partito, e quando nel 1992 i partiti sono esplosi nessuno si è preoccupato della formazione dei nuovi politici.  Così i giovani italiani si sono creati i loro “spazi”, e uno di questi, nato su facebook, si chiama appunto “Lo spazio della politica“.  L’Espresso

Uso della lingua

Menefreghista: descrive una persona senza interessi o ideali particolari.  Il termine ha cambiato di significato con il tempo. La parola deriva infatti dal motto fascista “me ne frego“, un frase che un soldato ferito si fece scrivere sulle bende, come segno di abnegazione totale alla Patria.

Tutti in bici

Potrebbe essere una nuova serie, e invece “Cycle in The City” è il passaparola tra blogger eco-friendly, praticanti del downshifting causa recessione e trendsetter che hanno fiutato il vento di primavera. “Dal 21 marzo, tutti in bici!”, e l’invito si propaga sul web, via Twitter e Facebook, complice l’aumento del prezzo della benzina, ai massimi storici. Le bici tradizionali, elettriche, da corsa, con pedalata assistita o addirittura pieghevoli, sono ormai un must, espressione di quel minimalismo metropolitano che è il contrario del Suv. Il Comune di Ferrara ha un Cycle Manager (Gianni Stefanati), quello di Firenze un consigliere delegato alla Ciclabilità (Giampiero Gallo) e gli altri prima o poi si attrezzeranno. Il bike sharing, dove c’è (come a Milano, Torino, Roma) è aumentato del 12 per cento, e dove non c’è lo reclamano.

Olivia Palermo si fa notare perché gira in città con la mountain bike, osando un tacco 12 (sconsigliato) e una Birkin al posto del cestello. La bionda top model Agyness Deyn è inseparabile dalla sua bici nera, mentre Katy Perry l’ha scelta di un bel turchese e ci va su come capita, in tuta da biker, con il casco o con le infradito (sconsigliato anche questo). La Stampa.

Uso della lingua
Si noti lo stile da twitter o facebook, la disinvolta mescolanza di italiano, inglese, nomi di persone famose – o quasi -, oggetti di moda, sigle.

Papà d’Italia

“Cosa resta del padre? Bella domanda, nel giorno della festa del papà”, inizia il suo articolo del 19 marzo – festa del papà – Paolo Di Stefano. E continua, “Ecco dunque arrivare opportunamente in libreria, edito da Cortina, il saggio di Massimo Recalcati, proprio con quel titolo: Cosa resta del padre? La tesi da cui si parte è che i genitori sono oggi più preoccupati di farsi amare dai loro figli che di educarli, più ansiosi di proteggerli che di sopportarne i conflitti. Il che vale a maggior ragione per i padri, anzi, si potrebbe tranquillamente essere più radicali di Recalcati affermando che la funzione educativa viene sempre più spesso demandata alla madre, la quale si sobbarca non solo quel che tradizionalmente era suo compito (la gestione della casa), ma anche quel che un tempo veniva condiviso con il marito: l’educazione dei figli. Insomma, mentre la madre ha moltiplicato le proprie funzioni, il padre si è sottratto a quasi tutto. Tanto più se si aggiunge alla figura materna il compito di contribuire, con il marito, al sostentamento economico della famiglia: altro che 27 ore di lavoro!

“Il padre, osserva Recalcati (che è uno dei più noti psicoanalisti lacaniani), non è più Padre con la maiuscola, cioè pater familias, e ogni tentativo di restaurare quel tipo di Ordine o Legge non può che risultare oggi fallimentare. Dunque, che cosa resta del padre? O meglio che cosa resta al padre (con la minuscola)? Resta la possibilità di testimoniare ai figli passioni, vocazioni, progetti, senza pretendere di proporre i modelli o i valori universali del passato”. Corriere della Sera.

Uso della lingua
Come in molti Paesi di tradizione cattolica, la festa del papà in Italia viene festeggiata il giorno di San Giuseppe, padre putativo (presunto, considerato tale dalla tradizione) di Gesù.

Architetti italiani progettano a Barcellona il grattacielo “verde”

È possibile conciliare grattacieli e dimensione “verde”? Questo problema si sta riproponendo con sempre maggiore urgenza man mano che ci si avvicina all’Expo 2015 di Milano. Come evitare la cementificazione del territorio, proteggere l’ambiente e non snaturare il profilo della città?
Una proposta in questo senso arriva da Barcellona: è lo Stairscraper, il progetto di un “grattacielo a elica”, con un effetto visivo rotante e con un’impronta ecologica, realizzato da Alessandra Faticanti e Roberto Ferlito, due architetti italiani fondatori dello studio barcellonese Nàbito Arquitectura. Stairscraper si presenta come una scala a chiocciola dove ogni “gradino” è costituito da un appartamento con giardino; il tetto di ciascun appartamento ospita il giardino della casa al piano di sopra, con uno sviluppo a rotazione a 360 gradi.  Ogni unità abitativa mantiene così la propria intimità e – grazie al giardino antistante – una proiezione orizzontale, con una qualità della vita nettamente migliore di quella di un normale grattacielo. Un altro passo avanti sulla strada dell’Architettura Dinamica ideata da David Fisher con le sue celebri Rotating Towers.
L’Espresso

Uso della lingua

man mano or mano mano: significa gradualmente

Le cantine che hanno fatto l’Italia

Tra le innumerevoli celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia il “Sole 24 Ore” ne ha scelte due dal sapore particolarmente simbolico, una di queste è quella dell’associazione Vinitaly, della quale fanno parte le maggiori cantine (wineries) d’Italia.  L’idea di Ettore Riello, presidente di Veronafiere, è quella di creare una bottiglia “emblematica” dedicata ai 150 anni dell’Unità nazionale. In realtà le bottiglie sono due, una di vino rosso e una di bianco, ottenute dall’unione di quaranta vitigni  provenienti da tutte le 20 regioni del nostro paese Tra i rossi prescelti per il blend: Petit rouge, Barbera, Croatina, Rossese di Dolceacqua, Raboso, Teroldego, Refosco dal peduncolo rosso, Sangiovese, Cesanese di Affile, Sagrantino, Lacrima, Montepulciano, Tintilia, Negroamaro, Aglianico, Aglianico del Vulture, Gaglioppo, Nero d’Avola e Carignano ottenuti in annate comprese tra il 2005 e il 2009 anche affinati in legno. I bianchi: Prié blanc, Cortese, Trebbiano di Lugana, Garganega, Weissburgunder, Friulano, Pignoletto, Vernaccia di San Giminiano, Grechetto, Malvasia, Verdicchio, Trebbiano, Falangina, Giano, Greco, Greco bianco, Grillo e Vermentino della vendemmia 2009 non passati in legno. I due vini saranno presentati in anteprima al prossimo Vinitaly, a Verona dal 7 all’11 aprile 2011, e saranno poi consegnati al presidente della Repubblica e alle massime autorità internazionali. La seconda iniziativa proviene da- Civiltà del bere -che ha scelto di  puntare i riflettori su alcuni protagonisti del vero miracolo vinicolo italiano. Così al prossimo Vinitaly, l’associazione presenterà una sorta di gran finale e 12 pionieri del made in Italy racconteranno le loro storie di successo, mentre 200 degustatori provenienti da 40 Paesi ne degusteranno i vini-bandiera. Un wine-tasting spettacolare allestito per conto di Veronafiere, la mattina di venerdì 8 aprile.
Il Sole24ore

Boote o barrique

Note culturali

Affinati in legno o non passati in legno: significa invecchiati in “botti” di legno o “barrique” o in contenitori di diverso materiale.  A chi fosse interesato ad approfondire l’argomento proponiamo l’articolo:Legno sì o no nel vino.

Quaranta vitigni /venti regioni: Per sapere di più sui vini italiani vi invitiamo a consultare l’elenco dei vitigni e delle loro regioni di provenienza.
Un giallo nel mondo del vino: per rilassarsi e allo stesso tempo conoscere da vicino il mondo del vino italiano, suggeriamo di leggere “Il Sangue di Montalcino” di Giovanni Negri.

Nabucco per i 150 anni dell’Unità d’Italia

Continuiamo a riportare le iniziative volte a celebrare il centocinquantenario dell’Unità d’Italia che si svolgono in questi giorni. Sabato scorso a Roma il maestro Riccardo Muti ha diretto il Nabucco di Verdi.
“Un Nabucco pervaso di spirito risorgimentale. L’altra sera all’Opera di Roma l’obiettivo contro cui manifestare non era l’Austria imperiale, ma i tagli ai fondi per la cultura decisi dal governo. … il maestro Muti, già sul podio con la bacchetta in mano, si rivolge al pubblico e svolge questo paragone: ‘Il 9 marzo del 1842 Nabucco debuttava come opera patriottica tesa all’unità ed all’identità dell’Italia. Oggi, 12 marzo 2011, non vorrei che Nabucco fosse il canto funebre della cultura e della musica’.
“Poi è cominciato lo spettacolo. Ma l’episodio più inedito doveva ancora svolgersi. Giunto al famoso coro del terzo atto, quel ‘Va’ pensiero‘ che ha fatto tremare il cuore dei patrioti di un secolo e mezzo fa, la domanda era nell’aria: ci sarà un bis? Ma Muti, una volta finito il celeberrimo coro, fa di più. Si gira verso il pubblico e dice: ‘Sono molto addolorato per ciò che sta avvenendo, non lo faccio solo per ragioni patriottiche, ma noi rischiamo davvero che la nostra patria sarà ‘bella e perduta’, come dice Verdi. E se volete unirvi a noi, il bis lo facciamo insieme”.  La Repubblica.

Al Nabucco Rai 3 e Rai Storia dedicheranno la serata di giovedì 17 marzo. Quella stessa sera il Nabucco si potrà ascoltare su Rai Radio 3 anche sul web.

Note culturali
Va pensiero: è uno dei cori più noti della storia dell’opera, collocato nella parte terza del Nabucco di Giuseppe Verdi (1842), viene cantato dagli Ebrei prigionieri in Babilonia. Il poeta Temistocle Solera scrisse i versi ispirandosi al salmo 137. Questo coro di ebrei fu interpretato dal pubblico dell’epoca come una metafora della condizione degli italiani soggetti a dominio austriaco.

Storia linguistica dell’Italia disunita

Oltre alla falsa retorica (noi italiani siamo un popolo tutt’altro che unito) e a polemiche spesso pretestuose, le celebrazioni del centocinquantenario dell’Unità d’Italia – che si festeggiano in particolare questa settimana – offrono anche delle riflessioni più interessanti sul nostro passato.Un esempio è il libro del linguista Pietro Trifone, Storia linguistica dell’Italia disunita (Il Mulino). “In questo nuovo saggio Trifone parte dalla famosa frase di D’Azeglio (fatta l’Italia dobbiamo fare gli italiani) e da quella brutale di Federico De Roberto nei Viceré (Ora che l’Italia è fatta dobbiamo fare gli affari nostri) e passa in rassegna gli stereotipi negativi che attraverso il tempo si sono depositati nella nostra lingua per indicare atteggiamenti e vizi del cosiddetto carattere nazionale. Per farlo, ha analizzato le tracce lasciate nella nostra lingua dagli antichi mali italiani: settarismo, opportunismo, individualismo. Mali che affondano le proprie radici nelle ferite del tessuto sociale che il tempo non è riuscito a cicatrizzare perfettamente. Trifone dimostra che si potrebbe compilare un intero vocabolario con le parole e i modi di dire della disunione italiana … Per illustrare i termini “politicamente scorretti” di questa Italia, Trifone ha costruito un glossarietto dei luoghi comuni dell’italiano disunito. L’elenco è formato dal ricco repertorio dell’autolesionistica faziosità degli italiani verso sé stessi, documentato dall’autore attraverso i numerosi stereotipi geografici con i quali ci si riferisce, a seconda dei casi, ai lumbard, ai ciociari, ai matriciani, ai napoli, agli africa e perfino ai pariolini, termini in origine neutri che hanno subito, nel corso del tempo, una degradazione semantica che li ha marcati per sempre con la lingua del disprezzo. Il Manifesto.

Note culturali
Come dice l’articolo precedente, nell’italiano “politicamente scorretto” il luogo di provenienza spesso viene usato come un epiteto ingiurioso. Qui ce ne sono alcuni esempi: lumbard sono gli abitanti della Lombardia, dov’è Milano; i ciociari e i matriciani del Lazio, i napoli, ovviamente di Napoli, gli africa si riferisce ai meridionali, e i pariolini agli abitanti dei Parioli, un quartiere ricco di Roma.

Il 17 marzo quest’anno è stato dichiarato giorno di festa nazionale per ricordare il 17 marzo 1861, quando a Torino, Vittorio Emanuele II assumeva il titolo di Re d’Italia.