25 aprile 1945

“Il 25 aprile è diventata la festa di tutto il popolo e la Nazione italiana”

“Una ricorrenza fondamentale nella storia dell’Italia unita, di quelle che più ne hanno segnato il cammino sulla via dell’indipendenza, della dignità, della libertà, della coesione nazionale”. Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha definito il 25 aprile all’incontro al Quirinale con gli esponenti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma nel 67° anniversario della Liberazione.

“Sappiamo bene – ha continuato il Capo dello Stato – quel che la data del 25 aprile più che mai simboleggia: la capacità di riscossa e di mobilitazione di un popolo duramente provato dalla dittatura, dalla guerra e dalla fatale disfatta della fuorviante alleanza con la Germania nazista ; la capacità di nobile reazione e di rapida ricostruzione delle forze dello Stato che più rischiavano di uscire umiliate dal crollo dell’8 settembre 1943, cioè le nostre Forze Armate, che avevano storicamente legato la loro missione alla causa delle guerre per l’unità e l’indipendenza della Nazione, fino a superare la durissima prova del primo conflitto mondiale. Ed è per tutto ciò che abbiamo collocato al giusto posto nelle celebrazioni del Centocinquantenario la ricorrenza della Liberazione, che fu anche riunificazione di un’Italia divisa e lacerata dall’occupazione e repressione nazista”. Dal sito del Quirinale.

Note di cultura

Abbiamo riportato una parte del discorso del Presidente Napolitano in occasione del 25 aprile. Il 25 aprile in Italia si celebra la fine della Seconda guerra mondiale e la liberazione dall’invasione nazista dell’Italia settentrionale. Invitiamo i nostri lettori ad andare a rivedere gli eventi degli ultimi, tragici, anni di guerra, da quell’8 settembre 1943 citato anche dal nostro Presidente.

Primo Levi, l’uomo che guardava i giocatori di carte

Questo articolo vuole ricordare Primo Levi a 25 anni dalla sua scomparsa.  Ma non il Levi scrittore che tutti conoscono, e nemmeno il chimico, ma l’uomo curioso, l’enigmista, il linguista, l’etologo, l’ideatore di giochi fantastici e perfino di oggetti artistici.
Levi si è sempre definito un osservatore. Una volta ha affermato: sono un kibitzer; in yiddish significa: uno che si diverte a guardare i giocatori durante le partite di carte. Qualcuno che sta alle loro spalle. Giocatore e insieme osservatore.
Tutti i suoi libri a partire dal suo primo Se questo è un uomo, sono fondati sulla osservazione acutissima dei comportamenti umani. Come un kibitzer, Levi  segue gesti, parole, comportamenti, li definisce e classifica. L’atteggiamento dell’etologo gli viene dalla  convinzione che l’intera umanità appartiene a una specie animale: l’animale-uomo. Tutti i personaggi di Levi somigliano a un animale: gatto, topo, scimmia, cane, ragno ecc. Gli animali sono dappertutto nelle sue pagine; e non solo.
Ad un certo punto comincia perfino a costruire animali con i fili di rame ricoperti di vernice, provenienti dalla Siva,  farfalle, gufi, coccodrilli.
Levi era un kibitzer, e un giocatore allo stesso tempo. Amava i giochi di parole e il gioco degli scacchi e nel 1984 con il suo primo computer, un Apple Macintosh; non solo scrive  ma anche, e soprattutto, gioca, a scacchi, compone poesie, e disegna persino il triplice gufo per la copertina del libro L’altrui mestiere (1985).  La Stampa

Uso della lingua
enigmista: una persona che risolve indovinelli, puzzle, giochi di parole.
etologo: una persona che studia le abitudini di piante e animali e il loro adattamento all’ambiente.

Dacia Maraini a Harvard

La nota scrittrice Dacia Maraini sta scrivendo per Il Corriere della Sera una serie di articoli sugli USA, Boston e le sue università. Riportiamo i colloqui avuti con alcuni docenti di italiano di Harvard.

Il professore Francesco Erspamer, direttore degli Studi di Italianistica, si trova in America da quasi vent’anni, prima alla New York University, ora a Harvard. «Qui nella nostra università lo studio per eccellenza riguarda gli affari. Come fare soldi sembra sia la principale preoccupazione di una parte significativa dei giovani che frequentano il college. In sostanza, rispetto a dieci o vent’anni fa, una percentuale più alta di chi si laurea a Harvard finisce a Wall Street invece che a fare ricerca scientifica, politica, giornalismo, arte. Per carità, c’è sempre tanta gente che preme per venire ad Harvard per il prestigio che dà. Ma ciò che attira le menti migliori, la nuova élite, sembra essere: imparare in fretta a trattare gli affari e poi trasferirsi nei centri della finanza internazionale».

Angela Boscolo Berto è una veneziana giovane e bella che insegna ad Harvard da un anno. «Sono stata fortunata: ho fatto la richiesta e sono stata ammessa. So di tanti che non ce la fanno», dice con la dolce cantilena dei veneziani. «Quello che mi piace di questo Paese è la meritocrazia. Sai che se lavori e fai bene, andrai avanti. Se invece ti impigrisci e non combini un granché, perdi tutto. Se vuoi che il tuo lavoro ti sia riconosciuto sia professionalmente che economicamente, devi sgobbare. Alle volte sono anche spietati. E ti spremono come un limone. Ma ti prendono sul serio, anche se sei una donna». Corriere della Sera.

Uso della lingua

non combinare un granché: non riuscire a realizzare molto
sgobbare: è un termine colloquiale che significa lavorare duramente
spremere come un limone: anche questa è un’espressione colloquiale che significa sfruttare al massimo

Ebbene sì, siamo radical-chic

Secondo Scalfari, autore di questo interessante articolo,(interessante perche’dice molto della societa’ italiana)  l’etichetta che la destra populista  “avrebbe affibbiato” come un insulto, ad una  certa categoria di intellettuali italiani, sarebbe diventata al contrario un motivo d’onore. Gli intelettuali cosi’ etichettati, infatti, sono persone che credono in una  cultura laica, eterodossa e ironica.
“Fino a qualche tempo fa per definire un tipo bizzarro e “con la puzza sotto il naso” rispetto alle mode e ai comportamenti altrui si usava la parola snob“.
Artisti come Oscar Wilde, Dalí,  Ravel, cosi’ come i surrealisti e molte “avanguardie” e perfino Proust, furono giudicati esempi di snobismo.  La cultura fascista  che tendeva a privilegiare l’immagine dell’uomo forte e muscoloso a quella dell’uomo colto e raffinato ha contribuito a dare al termine snob un carattere dispregiativo.
Nell’ attuale societa’ italiana però, sostiene Scalfari,  “quella definizione è stata sostituita da un’altra: non si dice più snob ma invece radical-chic. Non è un sinonimo, c’è qualche cosa in più ed è una dimensione politica: il radical-chic è di sinistra.  Ma ancora una volta e’ stata la destra populista,  ad “affibbiare” questa etichetta ad intellettuali proprio come lui.  Per questa ed altre ragioni Scalfari conclude dicendo di non sentirsi offeso ma anzi di essere fiero di considerarsi un “radical-chic” perche’ i radical-chic sono illuministi e voltairiani”  che coltivano il culto per personaggi come  Einstein, Keynes e Roosevelt, anche loro considerati probabilmente “snob” ai loto tempi.  L’Espresso

Uso della lingua

affiibbiare: attaccare con una fibbia, quindi in modo resistente. Anche “appioppare”.
con la puzza sotto il naso: e’ un’espressione che indica un senso di superiorita’ e anche di disprezzo per gli altri..

I professori dell’autoriforma

In un articolo bello e appassionato, lo storico Sergio Luttazzo loda gli insegnanti italiani che, al di là delle difficoltà, del basso stipendio, delle numerose e purtroppo spesso inefficaci riforme, continuano a insegnare bene. “Nelle scuole italiane ci sono anche professori – una minoranza, ma una minoranza significativa – che hanno imboccato o stanno imboccando un cammino differente. … Potremmo chiamarli, per semplicità, i professori dell’autoriforma …
Sono gli insegnanti che non fanno finta di niente. Che riconoscono eccome l’impatto epocale delle nuove tecnologie sulle modalità di trasmissione della conoscenza. Che si interrogano eccome sulla concorrenza di «agenzie educative» estranee agli ambienti della scuola tradizionale. Che si misurano quotidianamente (per fare un unico esempio) con l’evoluzione materiale e immateriale del concetto di “classico”. Che si pongono eccome, insomma, il problema di un digital divide culturale e antropologico oltreché generazionale. E che cercano di rimediare a questa separazione – di colmare il vuoto fra professori e studenti – attraverso una didattica innovativa nelle forme come nei contenuti.

Naturalmente, per fare questo gli insegnanti dell’autoriforma devono anzitutto trasmettere ai ragazzi qualcosa come un’epistemologia della Rete: il che corrisponde esattamente al buco più clamoroso dell’offerta didattica tradizionale. Nella lezione di italiano, qualunque professore di discreto livello insegna ai ragazzi un’elementare critica del testo. Nella lezione di fisica, qualunque professore insegna i requisiti minimi di un esperimento scientifico. Ma soltanto pochi professori italiani – indipendentemente dalla loro materia – insegnano ai ragazzi i criteri fondamentali di una navigazione in Rete. Come cercare le cose, e dove trovarle. Come distinguere fra siti autorevoli, siti attendibili, siti eterogenei, siti pericolosi. Come appropriarsi dei tesori di internet senza rubarli. Il Sole 24Ore.

Uso della lingua

eccome: è un avverbio che serve a rafforzare il verbo a cui si riferisce.
buco: in questo uso metaforico, significa vuoto, mancanza.

Le parole scomparse dall’italiano

C’era una volta un “panurgo”. Cosa sara’ mai un panurgo?
Se cerchiamo questa parola in un qualsiasi dizionario di oggi non la troveremo. Eppure qualche decennio fa era in uso.
Sabrina D’Alessandro, nel suo saggio intitolato  “Il libro delle parole altrimenti smarriite”  si è messa sulle tracce di queste misteriose parole, non per una pura ricerca filologica, ma  allo scopo di “Restituire al nostro immaginario la forza di un tempo, per ridare vigore al nostro vocabolario quotidiano, sempre più misero e pigro.
D’Alessandro, creatrice dell’Ufficio Resurrezione Parole Scomparse, sostiene, per esempio, che  “Qualche decina di anni fa della casta avremmo detto: “politici falopponi, gagaroni, panurghi!“. Ovvero: boriosi, vanesi, imbroglioni.
«De Amicis » scrive la D’Alessandro, «diceva che certe idee non ci verrebbero neanche in mente se non ci fossere i termini con cui esprimerle. Ed è questo per me il potere fondamentale delle parole». Così, di fronte a un italiano sempre più piatto e costante, D’Alessandro ha scelto di riportare in vita voci affascinanti e inconsuete.

L’Espresso

Uso della lingua

mettersi sulle tracce: investigare
casta: una categoria di persone privilegiate. Nel gergo odierno si riferisce al mondo dei  politici.
faloppone = borioso (haughty, arrogant, bumptious.)
gagarrone = vanesio (vain, foppish, conceited)
panurgo = imbroglione (cheat, dodger, crook, swindler, trickster.) 

Note culturali

De Amicis: l’autore del libro Cuore, dall’800 ad oggi uno dei testi piu’ popolari della letteratura italiana per ragazzi.

Crescere con Bianca

Bianca Pitzorno, nota e amata scrittrice per ragazzi, compie settant’anni quest’estate. Laureata in Lettere classiche, autrice televisiva, ha cominciato a scrivere quando i nomi della letteratura italiana per ragazzi erano pochi e nobili, Rodari, Argilli, poi il primo Piumini. Mondadori, che ha pubblicato quasi tutte le sue opere, la festeggia riproponendole vestite di nuovo.

Che bei nomi hanno i personaggi di Bianca Pitzorno: l’orfana di Merignac, Colomba, Aglaia… sì, sono perlopiù bambine e ragazzine, di tutti i tempi e fuori dal tempo, per libri che hanno girato il mondo e che hanno superato i due milioni e mezzo di copie vendute – caso rarissimo di qualità che prende sottobraccio la quantità. C’è nei romanzi di Bianca Pitzorno una precisione senza fronzoli, un vocabolario ricco e accurato, il gusto della parola scelta, mai compiaciuta, sempre necessaria; e la passione per il ritmo rapinoso del feuilleton che ancora e sempre è un motore di storie straordinario.   Il Sole 24Ore.

Consigliamo vivamente di leggere i romanzi di questa brava e simpatica scrittrice che è rimasta relegata al mondo degli adolescenti e spesso non viene apprezzata quanto merita.

Uso della lingua

prendere sottobraccio: qui usato in senso metaforico, significa “andare insieme”
fronzolo: frill, l’espressione “senza fronzoli” significa essenziale, senza ornamenti eccessivi
rapinoso: è un termine ricercato che significa travolgente, impetuoso

I 10 italiani piu’ ricchi

PAPERON DE PAPERONI (Scrooge McDuck)

I DIECI PAPERONI DA 50 MILIARDI –  “I 10 italiani più ricchi posseggono quanto i 3 milioni di italiani più poveri. Lo sostiene uno studio pubblicato negli Occasional papers di Banca d’Italia”.
Lo studio non rivela i nomi dei “super-ricchi” ma l’ANSA (l’analogo italiano dell’Associated Press)  se li e’ andati a pescare  sulla prestigiosa rivista americana Forbes. Tra i nomi spiccano personaggi di fama internazionale come Michele Ferrero il propritario dell’omonimo gruppo dolciario che con un patrimonio di 14,2 miliardi di euro si conferma l’italiano più ricco, al 23mo posto nella classifica mondiale. Al secondo posto c’è Leonardo del Vecchio, fondatore del colosso degli occhiali Luxottica  C’è poi Giorgio Armani con un patrimonio di 5,4 miliardi. Miuccia Prada (considerata da Forbes anche la 79ma donna più potente del mondo) si piazza al quarto posto con un patrimonio di 5,1 miliardi. Secondo Forbes, Silvio Berlusconi, fondatore e proprietario di maggioranza dell’impero Fininvest-Mediaset ha un patrimonio di 4,4 miliardi.  I Benetton, titolari dell’omonimo marchio di abbigliamento, sono considerati tutti assieme: Carlo, Gilberto, Giuliana e Luciano vantano un patrimonio di 1,5 miliardi ognuno.
L’articolo conferma un ‘immagine ormai sempre piu’ chiara e preoccupante della situazione economica  del nostro paese, ovvero che: “La ricchezza degli italiani è composta sempre più dal patrimonio accumulato in passato e sempre meno dal reddito. Negli ultimi anni inoltre, si è invertita la distribuzione della ricchezza tra le classi di età: oggi al contrario che in passato gli anziani sono più ricchi dei giovani che non riescono ad accumulare”. Il corriere.it

 Uso della lingua

pescare: trovare
piazzarsi: classificarsi
vantare: dichiarare di avere