L’amica geniale

L-amica-genialeL’amica geniale è il titolo complessivo della tetralogia scritta da Elena Ferrante (E/O) e del primo volume di essa. Percorre sessant’anni della storia di due amiche, dagli anni ’50 a oggi. Molti dei romanzi di Elena Ferrante sono stati tradotti in inglese da Ann Goldstein e stanno ottenendo un notevole successo negli Stati Uniti. Elena Ferrante è uno pseudonimo dietro il quale non si sa chi si celi, probabilmente una donna (ma non è certo), sicuramente napoletana. Elena Ferrante non ha mai voluto comparire in pubblico e rilascia pochissime interviste, e solo scritte. Paolo di Stefano l’ha intervistata per “la Lettura”, l’inserto culturale domenicale del Corriere della Sera. Riportiamo un brano dell’intervista in cui l’autrice parla delle intenzioni del romanzo e dell’uso – indiretto – che fa del dialetto napoletano.

Elena Ferrante, in che modo ha maturato il passaggio da un tipo di romanzo psicologico-familiare (vedi i primi romanzi «L’amore molesto» e «I giorni dell’abbandono») a un romanzo, come questo, che promette di essere multiplo (il primo di una trilogia o quadrilogia)?

«Non sento questo romanzo tanto diverso dai precedenti. Parecchi anni fa mi venne in mente di raccontare l’intenzione di una persona anziana di sparire — che non significa morire —, senza lasciare traccia della propria esistenza [il romanzo inizia con la sparizione di una delle due protagoniste, n.d.r]. Mi seduceva l’idea di un racconto che mostrasse quanto è difficile cancellarsi, alla lettera, dalla faccia della terra. Poi la storia si è complicata. Ho introdotto un’amica d’infanzia che facesse da testimone inflessibile di ogni piccolo o grande evento della vita dell’altra. Infine mi sono resa conto che ciò che mi interessava era scavare dentro due vite femminili ricche di affinità e tuttavia divergenti. Alla fine è ciò che ho fatto. Certo, si tratta di un progetto complesso, la storia abbraccia una sessantina d’anni. Ma Lila e Elena sono fatte con la stessa pasta che ha nutrito gli altri romanzi».

Lei cede di rado al colore dialettale: lo fa in poche battute, ma di solito preferisce la formula «lo disse in dialetto». Non ha mai avuto la tentazione di una coloritura più espressionistica?

«Da bambina, da adolescente, il dialetto della mia città mi ha spaventata. Preferisco che echeggi per un attimo nella lingua italiana, ma come se la minacciasse».  Corriere della Sera.

Si veda anche il bell’articolo di James Wood sul New Yorker.

Uso della lingua

Che cosa significa “essere fatti della stessa pasta“? Provate a spiegarlo in italiano.

Note culturali

L’Italia è sempre stato un paese multilingue. Ancor oggi molti conoscono il dialetto e lo usano in famiglia o in contesti informali. Ancor oggi il dialetto si mescola all’italiano (così come vi si mescola l’inglese). Lingua e dialetto si trovano di frequente in un rapporto di tensione tra loro. In Ferrante il dialetto – napoletano – non compare se non raramente, ma nel romanzo se ne parla spesso, e di solito viene associato a un mondo violento, legato a usi antiquati, tribali.

Grammatica

L’articolo contiene i seguenti verbi. Come puoi vedere si tratta di verbi rfilessivi, passivi e impersonali. Prova a trovarli nel testo. Se non ci riesci clicca qui:Elena Ferrante – verbi

cancellarsi, mi sono resa conto; si tratta; si racconta; Si sovrappongano; aiutarsi; saccheggiarsi, rubarsi, levarsi; si riesca (o si riuscisse); si cresce; si parla; ci serviamo; si è mai pentita; si soffermano sia inscritto; si tira; si modifichi;

Se non ci riesci puoi aiutarti cliccando qui:Elena Ferrante – verbi

Processo al Liceo classico

processo al liceoQualche giorno fa al Teatro Carignano di Torino si è fatto il processo al liceo classico. L’accusa era di essere antiquato, di non servire più.

“A sostenere l’accusa l’economista Andrea Ichino, dell’European University Institute, secondo cui il liceo classico non prepara meglio dello scientifico i giovani che puntano ad affrontare studi universitari scientifici o che vogliono entrare in atenei prestigiosi a numero chiuso, non solo ma chi intraprende studi umanistici rischia di avere una visione parziale della realtà. Il difensore del liceo classico è stato invece Umberto Eco, che con una boutade ha proposto di eliminare il liceo scientifico. E da subito la discussione si è polarizzata tra sostenitori del liceo scientifico e fan del classico”. Repubblica. Vedi anche Letizia Tortello, La Stampa.

Alla fine il liceo classico è stato assolto perché “il fatto non sussiste”, ma tutti si sono detti d’accordo che debba essere riformato.

Proposte didattiche

Per leggere i giornali effettivamente serve un po’ di dimestichezza con il linguaggio giuridico. Vi invitiamo a leggere entrambi gli articoli segnalati e a trovare tutti i vocaboli che appartengono a questo campo lessicale.

Note culturali

Il liceo classico e quello scientifico sono i pilastri dell’istruzione secondaria italiana. In entrambi i licei si studia il latino, mentre nel liceo classico si studia anche il greco antico. Secondo voi, quali possono essere i vantaggi – nel mondo moderno – di studiare lingue che ormai non si usano più?

Primo Levi, “In un’altra lingua”

Levi«In un’altra lingua» è il titolo di una lezione sul tradurre Primo Levi che Ann Goldstein (traduttrice) e Domenico Scarpa (italianista) hanno tenuto recentemente sia a Torino che a Milano. L’occasione è dovuta a un evento di speciale rilievo, la pubblicazione, nell’autunno 2015 negli Stati Uniti,  della traduzione inglese delle Opere complete di Primo Levi, in tre volumi, presso la Norton Liveright.
È la prima volta, non solo in America, che un’impresa del genere viene dedicata a un autore italiano, non a caso tra i più letti e tradotti, e in continua ascesa nella considerazione critica.

“Levi tradotto, Levi traduttore. È facile pensare subito alle pagine memorabili in cui ad Auschwitz si sforza di tradurre Dante per l’amico Jean Samuel detto Pikolo. La sua competenza linguistica è sistemica (padroneggia bene francese, inglese e tedesco, traduce Heine, Kafka, Lévi-Strauss), va ben oltre la pura sensibilità o il gusto delle etimologie: è nutrita di memoria storica, comporta un continuo raffronto tra sistemi differenti, si spinge sino a inventare codici con cui comunicare con il mondo animale. Osserva Domenico Scarpa, che contribuisce da par suo all’edizione Norton per la parte storico-critica: «Così come il linguaggio cambia peso e valore con la Rivoluzione industriale (civiltà di massa, metropoli, grandi numeri), allo stesso modo torna a cambiare dopo la comparsa di Auschwitz. Che è la morte moltiplicata dall’industria. Levi è il testimone più consapevole (e professionalmente ferrato) di questa natura industriale del Lager, e della necessità di farvi aderire un linguaggio”. Ernesto Ferrero, La Stampa.

Proposte didattiche

Leggere con un obiettivo

Avrete notato che l’articolo, oltre che di Primo Levi, parla di lingua letteraria e di traduzione. Leggetelo attentamente e rispondete a queste domande:

  1. Che cosa significa scrivere per Calvino? (Calvino è stato un grande scrittore italiano del ‘900, contemporaneo di Levi. Anche Calvino ha scritto un libro sulla Seconda guerra mondiale, Il sentiero dei nidi di ragno, basato sulla sua esperienza di partigiano.)
  2. In che senso Levi viene definito “maestro di understatement”?
  3. La prima traduzione americana di Se questo è un uomo di Primo Levi è stata intitolata Survival in Auschwitz. Perché questo titolo viene definito una banalizzazione?

L’italiano in Italia

antonelliQualche riflessione sull’italiano di oggi:

L’italiano è vivo, viva l’e-taliano! Con questa esclamazione di ottimismo si conclude il nuovo saggio-pamphlet dello storico della lingua Giuseppe Antonelli, Comunque anche Leopardi diceva le parolacce (Mondadori): un libro fatto apposta per sfidare il perbenismo e il catastrofismo linguistico, per smontare cioè le tesi dei profeti di sventura, i tanti che intravedono nella scrittura digitale (sms, mail, post, chat, tweet eccetera) l’inizio della fine della nostra lingua, quelli che a intervalli regolari gridano al tramonto del congiuntivo, all’imbarbarimento lessicale e alla morte della punteggiatura. Ogni lingua, ricorda Antonelli, è un organismo in continua e incoercibile evoluzione: «Se si ama la propria lingua, non c’è peggior delitto di volerla seppellire viva. Di ibernarla in nome di una mai esistita èra glaciale della perfezione». Paolo Di Stefano, Corriere della Sera.

Attività didattiche

Provate a rintracciare i termini da cui derivano perbenismo, catastrofismo e imbarbarimento e a spiegarne il significato.

Il dizionario Zingarelli della Zanichelli, uno dei dizionari più popolari in Italia, ha inserito nell’ultima edizione vari nuovi vocaboli o espressioni, tra cui: SELFIE, SVAPARE, DIRITTO ALL’OBLIO, NOMOFOBIA, LABBRUTO, WEDDING PLANNER, SCOUTING, SVIRGOLATA, REDDITEST. Alcuni di questi derivano dall’inglese, degli altri, provate a rintracciare la storia.

Il nuovo kebab è italiano

kabab italiano

A Milano da poco tempo è comparso un locale che serve kebab un po’ fuori dal comune. Da Mariù kababberia gastronomica (www.mariukebab.it) si sceglie infatti il tipo di pane, carne di produzione italiana condita solo con spezie (arrosto di vitello o pollo) ma anche doner vegetariano e una formula tra kebab “classico” (con cipolle, salsa allo yogurt e harissa, tra le altre) o kebab “gastronomico”, con ingredienti come guacamole, lardo, salsa al pistacchio, crema al carciofo o al tartufo, friarelli, solo per citarne qualcuno. Dietro il locale ci sono Riccardo Cortese, 32 anni, buona forchetta con un passato nel mondo di relazioni pubbliche e pubblicità, originario di Maddaloni, in provincia di Caserta, territorio ricco di tradizioni culinarie. Accanto a lui Federico Pinna, 34 anni, nato a Cagliari che dopo gli studi alla Bocconi, si è lasciato affascinare dal mondo del cibo e del retail nelle varie nazioni, viaggiando sempre con spirito critico.
Insieme hanno creato Foodation, start up specializzata nella realizzazione e gestione di format di “fast & casual dining”, fucina di idee e  cabina di regia con capacità di organizzazione e gestione che partendo da Milano aspira a diventare in breve tempo internazionale.   Leggi l’articolo: D.Donna Repubblica

Uso della lingua

buona forchetta: si dice di una persona che apprezza il buon cibo.
una fucina di idee: un laboratorio di idee.
friarelli: sono i fiori della cima di rapa (a Roma sono chiamati broccoletti).

Leggere con un obiettivo
Cercate nell’articolo queste informazioni.

1. Che cosa intendono per  “italianità” i creatori di Mariù? Come può essere italiano un ristorante che propone kebab.
2. Quali sono i modelli a cui si sono ispirati?
3. In che cosa consiste il marchio di fabbrica dei progetti targati Foodation?
4. Qual è il mix delle due tradizioni culinarie, quella turca e quella italiana?
5. Perché il ristorante si chiama “Mariù”?