I tre giorni che cambiarono l’Opera

Palermmacbetho, Firenze e Venezia. Tre spettacoli in tre giorni rinnovano il linguaggio dell’Opera: sono il Macbeth con la regia di Emma Dante a Palermo, il Faust di McVicar a Firenze e il Tannhäuser di Wagner, firmato da Calixto Bieito, alla Fenice di Venezia. Alberto Mattioli racconta come e perché il weekend appena trascorso rappresenta una svolta per il melodramma.

“Tre grandi regie d’opera in tre giorni. In Italia non succede spesso, e basterebbe a fare il titolo. Però la vera notizia è che si tratta di tre registi già rubricati, a torto o a ragione, alla voce «eversivi» o, peggio, «provocatori» che passano senza problemi fra gli applausi, e pure tanti. Nuovi classici, insomma. …

Ancora più interessante il caso di Emma Dante, che a Palermo, per l’inaugurazione del Massimo, firma il Macbeth più bello visto da molti anni, insieme con quello di Cerniakov a Parigi. Dante usa il suo teatro eccessivo, barocco e visionario per illuminare (finalmente!) una categoria estetica fondamentale per quello di Verdi: il grottesco”. La Stampa.

Note linguistiche e culturali

Un articolo non facile, dove si mescolano espressioni metaforiche e idiomi appartenti al lessico musicale. Ma un articolo interessante, anche per tracciare la geografia musicale italiana, tutt’altro che scontata (non c’è solo la Scala!).

Proposte didattiche

Domande:

  1. Perché i tre registi menzionati sono definiti “eversivi” e “classici” al contempo?
  2. Come si chiama il teatro dell’opera di Palermo?
  3. In che modo Emma Dante rappresenta il “grottesco”?
  4. Leggere tutto l’articolo e cercare l’elemento poco ortodosso nella regia del Macbeth di Emma Dante.

 

Questa sera esco e vado al Classico

Sembra che Adriano Olivetti e Steve Jobs la pensassero allo stesso modo, anche se non si sono mai incontrati. L’imprenditore italiano amava assumere non solo ingegneri, ma anche laureati in discipline umanistiche. Anche il fondatore di Apple era convinto che alle sonotte-licei387-kard-270x141ilsole24ore-webrgenti della creatività e dello sviluppo economico ci fosse il connubio tra rigore scientifico e sensibilità umanistica. Insomma, tutti e due avrebbero potuto essere dei formidabili testimonial del latino e del greco antico e, probabilmente, sarebbero stati generosi sponsor della “Notte Nazionale del Liceo Classico”.
L’obiettivo della “Notte Nazionale” è di promuovere e difendere la cultura umanistica, recentemente in crisi, e di aiutare a percepire il Liceo Classico non come una bacheca polverosa dove allineare anticaglie, ma come una realtà viva e vivace, capace di costruire ponti tra passato e futuro.
«Lo studio dei classici – dice Laura Pizzetti, docente presso il liceo Setti Carraro di Milano, uno dei sette licei classici milanesi che aderiscono alla Notte Nazionale – tende a mostrare che non sempre la velocità è un valore. A volte, anche la “lentezza” dell’aprire un libro, del non limitarsi alla consultazione di wikipedia, del confrontare più fonti, del mettere in dubbio quello che ci offre la tecnologia, è estremamente importante.
La Domenica del Sole in difesa del Liceo Classico
La discussione sull’attualità del Liceo Classico ha trovato ampio spazio negli ultimi mesi sulle pagine della Domenica. Il Liceo Classico è una scuola-modello per l’Occidente, la versione dal greco o dal latino è utile anche a un fisico o a un matematico, sostengono alcuni degli autori ospitati sulle pagine del giornale. Meglio non chiudersi nel passato, il mondo è cambiato, la pedagogia deve rinnovarsi, lo studio del greco e del latino va ristrutturato sulla base di più realistiche considerazioni, replicano altri. E c’è poi il guado attraversato in punta di piedi da chi sostiene che la scuola dovrebbe offrire un nucleo di discipline fondamentali comuni a tutti, per poi lasciare la possibilità di mettere la freccia lungo il cammino formativo e di dirigersi verso materie elettive e opzionali. Il Sole 24 Ore

Argomenti culturali
l liceo classico  venne  fondato nel 1859 ed era limitato inizialmente al solo Regno di Sardegna, poi con l’unificazione, fu esteso a tutta l’Italia. Gli alunni, dopo aver frequentato la scuola elementare (che all’epoca era quadriennale), frequentavano per cinque anni il ginnasio e per tre anni il liceo; all’epoca questa scuola veniva denominata Ginnasio Liceo.

Oggi con la riforma Gelmini del 2008, entrata in vigore per la prima volta nell’anno 2014-2015, l’assetto della scuola secondaria superiore in Italia è il seguente:

* La maggiore differenza tra il sistema italiano e quello anglosassone, e di altri paesi europei, è che in Italia non c’è un percorso comune  di studi a livello di scuola secondaria superiore  A 14 anni di età, cioè dopo la scuola media, gli studenti devono scegliere l’indirizzo di studio che seguiranno fino a 19 anni.

 

Tullio De Mauro: “Gli italiani parlano (anche) in dialetto”

de-mauroDedichiamo al linguista Tullio De Mauro scomparso in questi giorni il primo post del 2017.

L’ITALIANO, la lingua italiana, non sta così male. Messi male sono molti, troppi italiani che quella lingua parlano ormai correntemente, ma incontrano grandi difficoltà a comprendere un testo scritto o a risolvere un calcolo. Insomma, a orientarsi nel mondo d’oggi. È un paese bifronte quello che da anni scandaglia il linguista Tullio De Mauro, per un verso slanciato in avanti, per il verso opposto appesantito da vecchie e nuove tare.
Ma un altro accertamento proietta l’immagine di un paese a due facce: l’italiano è diventato ora la lingua di quasi tutti, senza che ciò abbia però provocato la morte dei dialetti. Se il 90 per cento di noi parla una lingua comune (ancora nel 1974 era appena il 25 per cento), una buona metà di questa massa, il 44,1, alterna abbondantemente l’italiano al dialetto. E ciò, sottolinea De Mauro, non è affatto negativo.
Esce in questi giorni il suo Storia linguistica dell’Italia repubblicana ( Laterza) che fin dal titolo aggiorna la Storia linguistica dell’Italia unita, pubblicato nel 1963, un testo indispensabile per capire, attraverso il modo in cui ci esprimevamo cent’anni dopo l’unificazione, che italiani eravamo. La procedura è ora identica: storia linguistica e non storia della lingua. Si ragiona di assetti demografici e non di congiuntivi, di rapporto città/campagna, città grande/ città piccola e non di sintassi. E poi della scuola e di ciò che c’è fuori e oltre la scuola. Di giornali, di televisione e di web. Dei dislivelli culturali, vere fratture che incidono il corpo della società italiana.
L’intervista a De Mauro si conclude con questa domanda:
Lei dedica il libro a suo fratello Mauro, ucciso dalla mafia nel 1970. Perché?
“Volevo che questo pezzo di storia che non ha vissuto in qualche modo gli appartenesse”.
Per leggere l’intera intervista a De Mauro clicca qui: Repubblica

Domande per la discussione

  • Tu conosci un dialetto italiano? Di quale regione?
  • Sei in grado di riconoscere la differenza tra italiano standard e dialetto?
  • Nel tuo paese esistono dei dialetti come in Italia? Dove si parlano?
  • Tu parli un dialetto?
  • Nella tua famiglia qualcuno parla un dialetto?