Addio a Umberto Eco

ecoRicordiamo Umberto Eco, mancato ieri all’età di 84 anni, con una delle sue frasi celebri.

Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro.

Altre si trovano sul Corriere della Sera.

  L’uomo è animale normativo. Questo vuol dire che mentre gli altri primati vivono in base agli istinti, tutta la nostra vita è invece soggetta a norme.Di questo tema parlerà la filosofa Roberta de Monticelli il 30 settembre a Torino, nel corso del convegno “Torino Spiritualità”, cinque giorni di incontri dialoghi, lezioni e letture per riflettere su la Sapienza del Sorriso.Nell’infanzia abbiamo la capacità di imparare le “regole”. Nel gioco dei bambini, anche dei piu’ piccoli appare evidente la capacità naturale in cui questa attitudine cooperativa si fonda. Noi sappiamo veramente imitare, cioè non semplicemente copiare le azioni, ma capire le loro intenzioni e riprodurle: direi, afferrare la regola che anima un gesto. Mentre le scimmie, quand’anche scimmiottino, sanno solo «emulare»: cioè imitare l’uso di un mezzo per scopi che già hanno indipendentemente. Non apprendono per imitazione fini e intenzioni nuove. Non imparano le regole di giochi per loro nuovi, come i bambini anche piccolissimi. Non imparano a scambiarsi il ruolo nei giochi, quindi a relativizzare il proprio punto di vista sulla realtà, capire ce ne sono anche altri. Non sanno condividere l’attenzione, e quindi il riferimento a un comune contesto. Non sono fatti per condividere un linguaggio, e neppure una cultura materiale. Non c’è propriamente crescita tramite accumulo e innovazione nel mondo animale.LaStampa

 

Uso della lingua
animale normativo: l’articolo “UN” non  si usa in questo caso perche’ si tratta di un “concetto generale”. E’ uno stile tipico del linguaggio filosofico.
scimmiottare: copiare, imitare, come fanno le scimmie.

Il Made in Italy della filosofia

Benedetto Croce

Può apparire paradossale che mentre i filosofi italiani vengono invitati a scrivere in inglese dagli organi di valutazione accademica, la più aggiornata cultura filosofica americana da qualche anno parla italiano. Il fenomeno è sotto gli occhi di tutti. Non passa mese che in America non escano traduzioni, monografie e fascicoli di rivista dedicati alla Italian Theory, mentre si celebrano a ripetizione convegni su di essa, come recentemente alla Università di Cornell ( The Common in Contemporary Italian Thought) e del Massachussets ( Italian Social Theory), per non parlare di quello a New York sul New Realism. …  Quando anche sulla copertina di Foreign Affairs è apparso il volto di Croce – in corrispondenza con la pubblicazione del libro di B. e R. Copenhaver From Kant to Croce. Modern Philosphy in Italy (University of Toronto Press) – non è rimasto che prendere atto della cosa. … Come si spiega questa svolta che muta radicalmente il panorama, cui fino a qualche anno fa eravamo assuefatti, di un Paese culturalmente emarginato? … Per rispondere a questa domanda è necessario innanzitutto richiamare il carattere non nazionale – ed anzi tendenzialmente antinazionale – del pensiero italiano. Fin da sempre – dalla stagione rinascimentale – la filosofia italiana ha guardato oltre i propri confini, irradiandosi all’esterno e contaminandosi con altre tradizioni. Ciò è dovuto innanzitutto all’assenza, per secoli, di uno Stato nazionale. Naturalmente questo elemento di extraterritorialità è stato spesso visto come una forma di ritardo storico rispetto ad altri, più precoci, contesti nazionali. Ma, al contempo, ha liberato il nostro pensiero da vincoli politici ed istituzionali che hanno condizionato altre filosofie. In Italia è mancato un pensiero dello Stato come quello di Hobbes o di Hegel – ma proprio perciò la politica è stata colta, da Machiavelli fino a oggi, nella sua energia sorgiva e nella sua forza creativa. Repubblica.