Ti porto all’orcanotrofio! La lingua ricreata dai bambini

“L’incomprensibile” è il tema della settima edizione del Festival internazionale Tuttestorie, che si svolge a Cagliari e in altri quattordici comuni sardi da oggi al 10 ottobre.
Dedicato alla letteratura per ragazzi, il festival ha per presidente David Grossman, che anni fa lo aveva scelto per il suo ritorno alla scena pubblica, dopo il lutto per la morte del figlio in guerra.
Di fronte a parole o a concetti incomprensibili i bamini spesso ci sorprendono con delle reinterpretazioni secondo loro piu’ sensate.
Questi sono alcuni divertenti esempi raccolti da Tognolini, uno degli organizzatori dell’evento.
Una bambina chiama il secondo episodio della saga di Guerre stellari “L’Impero col Pisciancòra”  –  forse un mitico gigante fanta-urinario, come Gulliver a Lilliput.  Un’altra minacciava la sorella che se non avesse fatto la brava sarebbe venuto un orco a portarla nel locale Orcanotrofio.   Anche quello delle preghiere  è un campo dove il mistero si presta bene alle riattazioni fanstasiose dei bambini.  Ad esempio la supplica rivolta alla Madonna: “Prega per noi beccatori “,  dal punto di vista di un bambino che non ha grandi colpe ha tutto sommato una sua logica. O come il comandamento “non nominare il nome di Dio in bagno” che visto dal punto di vista di un bambino che non conosce la parola “invano” sembra una raccomandazione assolutamene sensata. La Repubblica

Uso della lingua
L’Impero col Pisciancòra: in italiano il film si intitola “L’impero colpisce ancora”
Orcanotrofio:invece di Orfanotrofio, il luogo molto temuto dove si trovano i bambini abbandonati
Prega per noi beccatori: le parole dell’Ave Maria sono” Prega per noi peccatori”
Beccare: tra gli usi idiomatici di questo verbo c’e’: subire una sconfitta. Beccatori potrebbe significare: quelli che hanno “beccato” cioe’ le vittime.
Non nominare il nome di Dio in bagno:  uno dei dieci comandamenti recita” Non nominare il nome di Dio invano”.
Invano: significa in modo vano, inutile.

  L’uomo è animale normativo. Questo vuol dire che mentre gli altri primati vivono in base agli istinti, tutta la nostra vita è invece soggetta a norme.Di questo tema parlerà la filosofa Roberta de Monticelli il 30 settembre a Torino, nel corso del convegno “Torino Spiritualità”, cinque giorni di incontri dialoghi, lezioni e letture per riflettere su la Sapienza del Sorriso.Nell’infanzia abbiamo la capacità di imparare le “regole”. Nel gioco dei bambini, anche dei piu’ piccoli appare evidente la capacità naturale in cui questa attitudine cooperativa si fonda. Noi sappiamo veramente imitare, cioè non semplicemente copiare le azioni, ma capire le loro intenzioni e riprodurle: direi, afferrare la regola che anima un gesto. Mentre le scimmie, quand’anche scimmiottino, sanno solo «emulare»: cioè imitare l’uso di un mezzo per scopi che già hanno indipendentemente. Non apprendono per imitazione fini e intenzioni nuove. Non imparano le regole di giochi per loro nuovi, come i bambini anche piccolissimi. Non imparano a scambiarsi il ruolo nei giochi, quindi a relativizzare il proprio punto di vista sulla realtà, capire ce ne sono anche altri. Non sanno condividere l’attenzione, e quindi il riferimento a un comune contesto. Non sono fatti per condividere un linguaggio, e neppure una cultura materiale. Non c’è propriamente crescita tramite accumulo e innovazione nel mondo animale.LaStampa

 

Uso della lingua
animale normativo: l’articolo “UN” non  si usa in questo caso perche’ si tratta di un “concetto generale”. E’ uno stile tipico del linguaggio filosofico.
scimmiottare: copiare, imitare, come fanno le scimmie.

“I figli dei boss”

Nessuno se lo sarebbe mai aspettato, eppure a salvare un pezzetto di Napoli ci stanno provando dei ragazzi che portano un marchio ingombrante. Li chiamano «i figli dei boss», perché molti di loro appartengono a famiglie che hanno a che fare con la camorra, con genitori in carcere o assassinati nelle faide. Naturalmente non per tutti è così: ci sono anche ragazzi che vengono da famiglie che con difficoltà e dignità affrontano la vita onestamente all’ombra delle case alveare del cosiddetto Bronx di San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. Questi ragazzi che molti pensano destinati alla strada, si sono messi in testa di riprendersi un parco, un enorme spazio abbandonato e vandalizzato su cui da anni è calato il silenzio. Per mesi, periodicamente sono entrati attraverso i recinti rotti nel parco Teodosio del Rione Pazzigno e hanno fotografato l’area distrutta e degradata. Con queste immagini hanno realizzato un dossier destinato al sindaco, al presidente della VI municipalità, al procuratore della repubblica, al prefetto, al questore e al comandante provinciale dei carabinieri.
«Non possiamo far altro che denunciare tutto alle autorità», spiega uno dei ragazzi. Proprio così, in barba agli esempi subiti fuori e dentro casa, i cosiddetti «figli dei boss» scelgono la via della legge e sorprendendo tutti denunciano questo scempio alle «autorità». Corriere della Sera.

Uso della lingua

faida: guerra tra gruppi, di solito familiari
case alveari: enormi palazzi sovraffollati
vandalizzare: distruggere violentemente
sindaco, ecc.: sono le autorità locali
in barba a: a dispetto di

Crescere con Bianca

Bianca Pitzorno, nota e amata scrittrice per ragazzi, compie settant’anni quest’estate. Laureata in Lettere classiche, autrice televisiva, ha cominciato a scrivere quando i nomi della letteratura italiana per ragazzi erano pochi e nobili, Rodari, Argilli, poi il primo Piumini. Mondadori, che ha pubblicato quasi tutte le sue opere, la festeggia riproponendole vestite di nuovo.

Che bei nomi hanno i personaggi di Bianca Pitzorno: l’orfana di Merignac, Colomba, Aglaia… sì, sono perlopiù bambine e ragazzine, di tutti i tempi e fuori dal tempo, per libri che hanno girato il mondo e che hanno superato i due milioni e mezzo di copie vendute – caso rarissimo di qualità che prende sottobraccio la quantità. C’è nei romanzi di Bianca Pitzorno una precisione senza fronzoli, un vocabolario ricco e accurato, il gusto della parola scelta, mai compiaciuta, sempre necessaria; e la passione per il ritmo rapinoso del feuilleton che ancora e sempre è un motore di storie straordinario.   Il Sole 24Ore.

Consigliamo vivamente di leggere i romanzi di questa brava e simpatica scrittrice che è rimasta relegata al mondo degli adolescenti e spesso non viene apprezzata quanto merita.

Uso della lingua

prendere sottobraccio: qui usato in senso metaforico, significa “andare insieme”
fronzolo: frill, l’espressione “senza fronzoli” significa essenziale, senza ornamenti eccessivi
rapinoso: è un termine ricercato che significa travolgente, impetuoso

Bollea, il padre della neuropsichiatria infantile

E’ morto ieri, a 97 anni, e oggi ne parlano tutti i giornali. Scegliamo il profilo che ne fa il quotidiano torinese La Stampa, visto che Giovanni Bollea era piemontese. “Bollea si era laureato in medicina nel 1938 a Torino e si era specializzato in malattie mentali. Constatando come nel nostro Paese fosse scarsa l’attenzione al disagio psichico nei bambini e negli adolescenti, era andato a specializzarsi in psichiatria infantile a Losanna, in Svizzera, avvicinandosi anche all’ambiente pedagogico di Piaget. Con quel bagaglio torna in Italia e negli Anni 50 rivoluziona la neuropsichiatria infantile introducendo per la prima volta nel nostro Paese la psicoanalisi e – soprattutto – la psicoterapia di gruppo: lo guidava l’idea che sono le relazioni umane a curare e ad aver bisogno di essere curate, anche quando la malattia ha un substrato organico o genetico. Erano tempi nei quali i Down avevano una limitatissima aspettativa di vita ed erano chiusi in un ghetto sociale. Bollea fece maturare il processo che li ha inseriti nella società e nel lavoro, triplicando nel contempo la loro esistenza.

Duecentocinquanta pubblicazioni scientifiche, un trattato di neuropsichiatria infantile e molti libri rivolti anche ai non addetti ai lavori sono l’eredità di Bollea, con un bestseller edito da Feltrinelli dal titolo provocatorio Le madri non sbagliano mai. La Stampa

Uso della lingua
Questo articolo può arricchire il lessico di termini pertinenti all’area semantica della medicina, e in particolare della pschiatria, che sono stati evidenziati in rosso.

Jacob, il bambino di creta

“I bambini sono come la creta: duttili, capaci di assumere forme diverse, di adeguarsi a ogni circostanza. Ho letto alcune testimonianze incredibili. Pare che riuscissero a ridere anche nei treni che li portavano ad Auschwitz, ‘forse ci portano al mare’ pensavano”. Uno di questi bambini, una mattina d’autunno del 1943 (era il 16 ottobre) fu costretto da alcuni uomini con una strana divisa a uscire di casa e scendere in strada. Quegli strani personaggi urlavano tutti. Lo fecero salire su dei grandi camion militari. Con lui, oltre al padre e alle sorelle più grandi, altri 200 bambini: in totale furono 1022 gli ebrei deportati dal ghetto di Roma quella mattina di 67 anni fa. Di tutti loro, giunti ad Auschwitz il 22 ottobre, ne sarebbero tornati anni dopo a Roma soltanto 17: tra questi una donna e nessun bambino.

Marco nella fretta riuscì a portare con sé una sola cosa dalla sua casa: un piccolo panetto di creta raccolto in classe il giorno prima. Quel pezzettino di terra morbida da lavorare con le mani sarebbe diventato il suo miglior amico dentro la fabbrica nera dell’omino dalla divisa unta. Sarebbe diventato Jacob, il bambino di creta. E’ questo il titolo del nuovo libro di Andrea Salvatici, scrittore-poeta-educatore nonché l’autore scelto da Einaudi per pubblicare una favola non semplice. Salvatici ha cominciato a scrivere questa storia, pubblicandola a puntate sul suo blog, il posto delle favole.  Corriere della Sera.

Uso della lingua
panetto significa un pezzetto dalla forma di pane
pezzettino, omino: si notino i diminutivi, molto usati in italiano, in particolare in riferimento ai bambini